GUIDE DI CHARTER
La telecamera indugia sul gennaker rosso della barca al comando: quattro metri sopra il punto di mura c'è un piccolo buco. Il prodiere si arrampica sul tangone, incoccia la bugna della nuova vela e sta per chiamare il cambio quando, con un colpo di frusta impressionante, il gennaker a riva esplode. Nemmeno il tempo di vederne i brandelli spargersi nel vento che già l'altra è a metà dell'albero.
Un istante ancora e si apre, ma non si gonfia. Nella foga il moschettone della mura si è aperto: a bordo è il panico. Tirando per la fettuccia della balumina si recupera a fatica la drizza attaccata al primo dei due gennaker e se ne arma un'altro, il terzo. Mentre il secondo viene lasciato a bandiera per lunghi minuti, lo spinnaker si gonfia per modo di dire: è strozzato da una caramella. In barca si urla, si impreca, ci si distrae. Insomma, si perde la testa.
Il pozzetto di Alinghi, ora certo di dover giocare la finale contro un avversario vero e non contro una comparsa, ringrazia e passa avanti di centosettanta metri.
Regata chiusa? Si, certo, è la Coppa America e certe cose capitano molto raramente, difficile succeda un altro colpo di scena nel giro di pochi minuti.
Gli svizzeri amministrano, o almeno tentano di farlo: la regata è troppo breve per i kiwi. Gli uomini di Barker, rinsaviti dopo i troppi minuti di follia, recuperano metri preziosi navigando in controfase e si portano a tre lunghezze dall'avversario, tagliando dietro di diciannove secondi.
Ora tutti sappiamo che 92 vale quanto 100, con tutto ciò che ne consegue.
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