Nel 1885 i tempi sembravano maturi per un nuovo tentativo inglese; erano infatti passati quindici anni da quando James Ashbury, armatore del “Livonia”, aveva lasciato New York polemizzando apertamente con l'organizzazione americana, rea a suo dire di aver favorito oltre misura il defender, e il Royal Yacht Squadron britannico decise di ricucire lo strappo, inviando oltre oceano il “Genesta”.
Progettato da Jhon Beavor-Webb su commissione di Sir Richard Sutton, questo cutter era stato costruito nel 1884 dal cantiere Henderson&C. di Glasgow. Affidato allo skipper John Carter, giunse negli Stati Uniti nella tarda primavera dell'anno successivo dove ad attenderlo trovò un defender veloce ed agguerrito.
Frutto degli sforzi economici e organizzativi di un intera città, quella di Boston, il “Puritan” era stato concepito da Edward “Ned” Burgess, reduce da un lungo viaggio di lavoro in Europa, dove aveva trovato ispirazione osservando i nuovi prodotti dell'ingegneria navale britannica. Ricevuti i disegni, il capo del sindacato bostoniano Charles J. Paine li consegnò a George Lawley, titolare di uno dei cantieri più famosi dell'intero nord america, incaricandolo della costruzione.
Dopo il varo, avvenuto all'inizio del 1885, il “Puritan” fu consegnato nella mani del carismatico Aubrey J. Crocker, uno degli skipper più famosi del suo tempo. Dopo gli ultimi preparativi, le due barche si incontrarono al largo di Staten Island, dando vita ad una prima regata spettacolare e combattuta.
Proprio quando il “Puritan” sembrava avere la meglio, un improvviso cedimento strutturale obbligò il suo equipaggio a ritirarsi. Invece di andare a conquistare il primo punto, Sir Richard Sutton ordinò a Jhon Carter di affiancare l'avversario; dopo essersi reso conto della gravità della situazione, il Lord inglese, famoso per la sua grande sportività, si rivolse a Charles Paine, comunicandogli anche il proprio ritiro: “Siamo venuti fin qui per regatare, non per fare una passeggiata da soli”. Rientrati in porto tra gli applausi del pubblico, i due armatori si incontrarono nella sede del New York Yacht Club dove fissarono una nuova serie di regate.
A quel punto, sia gli sfidanti che i difensori erano convinti di poterla spuntare: i due scafi avevano prestazioni più o meno simili e a far la differenza sarebbe stata solo la scaltrezza degli equipaggi, su cui, a quel punto, gravava un'enorme responsabilità. Il giorno tanto atteso arrivò: il “Puritan” prese immediatamente la testa della regata, obbligando l'avversario a continue virate, atte a liberarsi dalla stretta marcatura posta in essere dallo sloop di Paine.
L'equipaggio del “Genesta” si arrese definitivamente solo nel corso dell'ultimo lato, quando il distacco dal “Puritan” aveva ormai sorpassato il quarto d'ora. Sotto per uno a zero, Sutton cercò di infondere nei propri uomini nuovi stimoli, leggendo loro una missiva inviata dalla Regina Vittoria che li esortava a dimostrare tutto il valore degli uomini d'Inghilterra. Esaltati da tali parole, Carter e i suoi uomini si presentarono al via della seconda manche fortemente motivati e i risultati si videro immediatamente.
Dopo aver preso il comando della regata, il “Genesta” controllava tranquillamente la situazione, agevolato dal vento leggero che accarezzava il campo, mentre a bordo del “Puritan” già si cominciava a guardare con ansia alla prova decisiva, quella che avrebbe attribuito vittoria e Coppa America. Improvvisamente, quasi per uno scherzo del destino, il vento aumentò di intensità, soffiando con punte prossime ai trenta nodi.
L'equipaggio americano, abituato a gestire cambiamenti così repentini, riuscì a ridurre l'imponente velatura più rapidamente rispetto a quello inglese, sopravanzandolo di poche decine di metri.
Gli ultimi minuti della regata furono indimenticabili: il “Puritan”, spinto a grande velocità da un vento che ormai aveva raggiunto regimi di burrasca, arginò brillantemente i ripetuti attacchi del “Genesta”, tagliando la linea di arrivo con un vantaggio di soli novantotto secondi, sufficienti però a difendere la Coppa per la quinta volta.
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