Ancora scosso dall'inaspettata sconfitta patita un anno prima, James Ashbury lanciò una nuova sfida: avrebbe gareggiato contro gli americani al meglio delle sei regate, nel tratto di mare da loro scelto, a patto che la Coppa America fosse stata difesa da una sola imbarcazione e non più da una flotta.
Visto che il “Deed of Gift” non poneva limitazioni in tal senso, il Commodoro del circolo difensore contattò George Schuyler, l'ultimo sopravvissuto del team che nel 1850 aveva vinto la Coppa delle Cento Ghinee.
La risposta dell'arzillo vecchietto fu chiara e non proprio quella che la dirigenza del club newyorkese avrebbe voluto sentire: “Ritengo che la parola match abbia senso solo per una sfida tra due scafi”.
Messo con le spalle al muro da una risposta così decisa, il New York Yacht Club comunicò a Ashbury che avrebbe soddisfatto le sue richieste, riservandosi però il diritto di cambiare il “defender” ad ogni singola regata.
Nuovamente incaricato da Ashbury, Ratsey si mise immediatamente al lavoro, consentendo allo skipper J.R. Woods di condurre il “Livonia” verso l'America con largo anticipo sui tempi previsti.
Dal canto loro gli americani avevano individuato nel “Columbia” e nel “Sappho” i due “defender”; il primo, di proprietà del Colonnello William Douglass, era stato disegnato da William Townsed nel 1871 mentre il secondo, armato da Franklin Osgood (lo stesso del Magic), era stato varato nel 1867 a Chester e portava la firma di J.B. Van Deusen. Le regate si svolsero su due campi diversi; uno, corto, interno al porto di New York, l'altro, lungo quasi quaranta miglia, posizionato in mare aperto.
Dopo aver dominato la prima manche, il “Columbia" vinse anche la seconda manche, grazie ad una contestata decisione della Giuria; le istruzioni su come doppiare la boa di metà percorso non erano chiare e vennero interpretate dai giudici in modo alquanto bizzarro: a Sam Greenwood, skipper del “defender”, venne detto di girare la boa nel senso desiderato, mentre al “Livonia” venne imposto l'obbligo di lasciarla a dritta, manovra resa difficile dalla direzione del vento.
Il “Livonia”, fino a quel momento al comando, perse parecchi minuti, facendosi sopravanzare definitivamente dal “Columbia”. Lo skipper sfidante presentò formale protesta, incassando l'immediato parere negativo della Giuria.
Avanti per due a zero gli americani puntarono ancora sul “Columbia”, nonostante l'equipaggio, provato da due giorni di fastosi festeggiamenti, non fosse in grado di affrontare una nuova regata.
Approfittando dei numerosi errori commessi dagli uomini di Greenwood e dalla rottura di un albero e del timone, il “Livonia” accorciò le distanze, imponendosi con un margine di quindici minuti.
Vista l'impossibilità del “Columbia” di riprendere il mare per la quarta regata, il New York Yacht Club puntò sul “Sappho”, affidato al comando di Horatio Nelson Comstock. Le migliori doti boliniere della barca di Franklin Osgood permisero agli americani di vincere le due regate seguenti con distacchi pesantissimi.
Incuranti dei festeggiamenti con cui New York salutò i due equipaggi americani, James Ashbury e Michael Ratsey si proclamarono vincitori morali della Coppa America, tornando però a casa senza di essa: il loro sogno era finito.
© Riproduzione riservata