Messa a riposo “Intrepid” dopo due difese vittoriose, gli americani si prepararono a fronteggiare la nuova sfida australiana, organizzando una serie di regate di selezione tra i vari sindacati interessati a cimentarsi nel non facile ruolo di defender.
A spuntarla fu “Corageous”, un 12 m.S.I. disegnato da Olin J. Stephens per Bob McCullough, costruito interamente in alluminio presso gli stabilimenti della Minneford Yacht Yard.
Ad affiancare l'esperto Ted Hood, timoniere di chiara fama, il capo del sindacato a stelle e strisce chiamò un giovane di belle speranze, noto per la sua grinta e per il suo indiscusso talento: Dennis Conner.
Contro di essi si schierò il consorzio australiano guidato da Alan Bond, titolare della più grande fabbrica di birra australiana, giunto nel nuovo mondo con l'intenzione di far parlare di sé e artefice dell'eliminazione di “France” del Barone Bich.
Lo sfidante, disegnato da Bob Miller e realizzato da Halvorsen, Mosron e Gowland, venne battezzato “Southern Cross” e contrapponeva alle linee classiche di “Corageous”, idee uniche e innovative.
Entrambe le parti coinvolte nella sfida, svilupparono importanti ricerche su nuovi materiali, sfruttando al meglio le capacità del proprio personale e la disponibilità di ingenti somme di denaro, gettate senza troppi scrupoli negli ingranaggi di una manifestazione ormai divenuta di interesse mondiale. Uno dei primi effetti di ciò, fu l'impiego del kevlar (una fibra aramidica impiegata ancora oggi) per confezionare vele più rigide e performanti.
Sin dai primi bordi però, si capì che gli americani avevano fatto un lavoro decisamente migliore: il loro scafo era più veloce in ogni condizione e il duello si rivelò impari. “Corageous” strapazzò l'avversario, infliggendogli pesanti distacchi in ciascuna delle quattro regate disputate.
Nonostante il pesante passivo, Alan Bond tornò in patria più determinato che mai a mettere le mani sulla Coppa delle Cento Ghinee.
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