Con queste parole, Sir Peter Blake ha spiegato i perché del successo ottenuto da “Black Magic” nella Coppa del 1995, edizione che vide gli statunitensi battuti per la seconda volta nella storia della manifestazione.
Sin dalla Louis Vuitton Cup si capì che quella dei kiwi era una superiorità destinata a durare. A intimorire gli avversari, più che i delta loro inflitti, fu il sempre crescente score dei neozelandesi, che acquisirono il diritto di sfidare i detentori contrapponendo una sola sconfitta a quarantadue vittorie.
L'ultimo ostacolo da superare per poter mettere le mani sulla Coppa era rappresentato da “Young America”, il defender che Dennis Conner e il San Diego Yacht Club avevano commissionato a Bruce Nelson.
Sebbene i due equipaggi non si fossero mai affrontati in precedenza, alla vigilia della finale erano ben pochi a scommettere sul successo statunitense, visto il modo stesso con cui il defender aveva impostato la propria campagna.
Il giorno del giudizio per Conner arrivò troppo rapidamente: bastarono pochi bordi per far capire a Mister Coppa America che il compito svolto da Doug Peterson e Laurie Davidson, progettisti di “Black Magic”, era di gran lunga migliore di quello preparato da Nelson.
Lo sfidante era decisamente più veloce in ogni andatura e il duello si rivelò assolutamente impari. “Young America” perse la serie cinque a zero e la Coppa si involò verso l'emisfero sud, lasciando il suolo statunitense per la seconda volta in quasi un secolo e mezzo.
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