GUIDE DI CHARTER
Il team di Larry Allison, infatti, si è fino ad ora dimostrato leader incontrastato della Louis Vuitton Cup, recuperando con imbarazzante facilità situazioni nelle quali i più si sarebbero dati per vinti. Ricordiamo i match con Shosholoza, Mascalaone Latino e Emirates Team New Zealand: duelli fotocopia, dove il non certo simpatico equipaggio guidato dall'astuto Chris Dickson ha azzerato il pesante distacco accumulato nel corso della prima bolina, sorpassando in quattro e quattr'otto il malcapitato sparring partner, per poi allungare il passo con disarmante semplicità, come se il team statunitense, resosi conto delle performance decisamente superiori di USA-98, regatasse molto spesso con il freno a mano tirato.
Si potrebbe obiettare, che se ciò fosse vero, lo stesso sarebbe dovuto accadere nella sfida con gli spagnoli. Proviamo però a pensare alle conseguenze di quella sconfitta che, oltre a confermare la ladership degli uomini di Dickson, ha permesso a Desafio Espanol – è bene ricordare, osannato challenger indigeno - di portare a tre punti il suo vantaggio su Mascalzone Latino.
Non ci sarebbe da stupirsi se si venisse un domani a sapere che quella odierna è stata in realtà una sconfitta voluta, tesa a facilitare l'ingresso alle semifinali della barca di casa, meno temuta dal team a stelle e strisce rispetto a quel Mascalzone Latino-Capitalia Team di cui tutti abbiamo visto le potenzialità.
E la bandiera di protesta esposta proprio in quel match per contestare, a quanto pare, il posizionamento della boa di bolina? Nient'altro potrebbe essere se non una mossa “tattica”, approntata per accreditare la meno bruciante delle sconfitte, visto che difficilmente BMW Oracle Racing riuscirà a farsi ascoltare in sede di discussione, nemmeno se a rappresentarlo sarà Gavin Brady, le cui sconsiderate urla riecheggiano ancora sul campo di regata valenciano.
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