I due navigatori, salpati da Capo Verde, stavano attraversando l’Atlantico quando la loro imbarcazione di tredici metri, Sara, a 1.200 miglia dal porto dell’isola caraibica ha subito un’avaria al timone. La pala si è incastrata e la barca ha cominciato a girare in continuazione su se stessa. “Abbiamo provato a contrastare questo effetto approntando un timone d’emergenza – ha raccontato Armstrong – ma senza successo”.
I marinai, con una buona esperienza di navigazione in oceano alle spalle, hanno provato in ogni modo a raggiungere la costa senza l’aiuto dei mezzi di soccorso, costantemente in contatto con loro ma sempre rassicurati sul fatto che non ci fosse un bisogno immediato di aiuto. La situazione, però, si è aggravata dopo la rottura dell’alternatore, che ha lasciato i velisti con limitata energia elettrica affidata ai soli pannelli solari di bordo che hanno consentito le comunicazioni con la guardia costiera. Per loro è così diventato impossibile utilizzare il desalinizzatore e per la sopravvivenza hanno dovuto servirsi di tutte le scorte a bordo, comunque sufficienti per diversi giorni di viaggio.
Il peggiorare della situazione meteo e l’esaurimento della cambusa hann reso necessario l’intervento dei soccorritori. La petroliera italiana ha così invertito la propria rotta e ha issato a bordo i due naufraghi, mentre la barca è stata lasciata andare alla deriva.
© Riproduzione riservata