Greenpeace, infatti, ha identificato nella potenza delle flotte pescherecce, sovvenzionate da sussidi pubblici per un totale di oltre 30 miliardi di dollari annui, nell’uso di metodi di pesca distruttivi, e nel fallimento della lotta alla pesca illegale i principali motivi di una situazione così pericolosa per l’equilibrio dell’ecosistema marino.
Dito puntato in particolar modo contro le spadare, reti che possono arrivare ad una lunghezza di venti chilometri, che sono state bandite dall’Unione Europea nel 1992, ma che sono ancora utilizzate, soprattutto in Italia. Nel nostro paese, negli ultimi due anni ne sono state sequestrate per oltre 1.500 chilometri.
Un altro campanello d’allarme viene anche dalla pesca al tonno rosso, utilizzato moltissimo in Giappone come ingrediente principale del sushi. L’ottanta per cento della specie è ormai perduta, ma nonostante questo, secondo l’associazione ambientalista, gli Stati si assegnano quote di pesca doppie, rispetto a quelle indicate dalla ricerca scientifica per la preservazione.
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