
In questi giorni i giornali si stanno riempiendo di articoli che riportano la denuncia del segretario della Cgil di Massa Carrara, Nicola Del Vecchio, che dichiara: “Nelle ultime settimane decine di lavoratori, prevalentemente stranieri, si sono presentati nei nostri uffici per raccontare condizioni di lavoro totalmente ingiuste. I dipendenti, assunti formalmente come resinatori o apprendisti, avrebbero subito pressioni per restituire parte della retribuzione ai datori di lavoro, accompagnate da continue minacce di licenziamento”.
Una situazione, quella descritta da Del Vecchio, non degna di un settore, quello delle grandi barche, che in questi anni sta godendo di una crescita molto sostenuta e in cui i cantieri fanno utili importanti. È una situazione che richiede un intervento deciso della magistratura, teso a reprimere qualsiasi comportamento lesivo della dignità di chi lavora, ma bisogna fare attenzione perché la penna dei giornali è un’arma pericolosa se usata con troppa superficialità.
Il rischio dei giudizi generici e dei danni d’immagine
La denuncia e la campagna stampa che ne sta derivando stanno facendo di tutta l’erba un fascio e questo è quanto meno pericoloso. Il brutto vezzo di alcune persone di parlare in termini generali senza fare mai nomi e cognomi, per paura delle ripercussioni, porta danni consistenti d’immagine a realtà che lavorano secondo le regole. E, visto che nel settore della nautica l’immagine è una cosa estremamente importante, discorsi generici come quelli che si stanno sentendo o leggendo in questi giorni rischiano di fare gli stessi danni che stanno facendo i cantieri che sfruttano i loro lavoratori.
I cantieri di eccellenza e il rischio di titoli sensazionalistici
Nella zona di Massa Carrara e di Viareggio ci sono cantieri molto importanti come Sanlorenzo, Perini Navi, Codecasa e molti altri nomi che hanno fatto la nautica nel nostro Paese. Queste realtà esportano oltre l’80% della loro produzione e contribuiscono alla bilancia commerciale del nostro Paese con numeri importanti, e discorsi generici come quelli che si leggono su diversi giornali in questi giorni provocano titoli come “Luxury yacht builders used ‘slave labour’ in northern Italy”, apparso su un sito paneuropeo diverso tempo fa.
La concorrenza internazionale è molto agguerrita e ai cantieri americani o olandesi farebbe un immenso piacere poter dire che in Italia i cantieri schiavizzano i loro lavoratori, perché, giustamente, alcuni clienti si sentirebbero in difficoltà a comprare i loro superyacht da un cantiere che si macchia di questo tipo di reati.
Denunciare sì, ma con responsabilità
Denunciare è giusto e bisogna farlo, perché nessuno mai, soprattutto in un Paese che si vanta di essere culla della civiltà, dovrebbe mancare di rispetto o violare la dignità di un altro essere umano, soprattutto se si trova nel rapporto datore di lavoro – lavoratore. Ma nel farlo bisogna fare attenzione ai danni che potrebbero portare altri lavoratori a perdere il loro posto di lavoro.
Se un giornalista vuole parlare di queste cose, non si può affidare a Chat GPT, ma deve prendere il suo taccuino e cominciare a indagare e studiare. Solo quando avrà capito i confini del problema e quali sono i protagonisti può scrivere il suo articolo, facendo nomi e cognomi. Qualsiasi giornalista con un po’ di esperienza e di mestiere sa come poter dire queste cose senza correre il rischio di essere querelato.
Scrivere di sfruttamento, di ricatti, di oppressione in modo generico è un modo molto poco corretto di interessare i propri lettori.
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