
Ci sono luoghi che separano i marinai comuni dagli esploratori del mare. Capo Horn è uno di questi. Là dove l’Oceano Atlantico incontra il Pacifico, dove il vento sopra i 40 nodi è di casa e le onde, a volte, sembrano montagne in movimento, ogni barca che passa entra nella leggenda.
Da questa tradizione è nata la International Association of Cape Horners (IACH), il club esclusivo dei velisti che hanno doppiato il Capo a vela, rispettando regole severe e onorando un rituale che appartiene alla storia della navigazione.
Le origini del mito
Il primo nucleo dell’associazione risale agli anni Trenta, quando un gruppo di comandanti francesi, reduci dai grandi viaggi sui velieri commerciali che collegavano l’Europa al Pacifico, decise di fondare una confraternita per ricordare chi aveva superato Capo Horn navigando a vela.

Negli anni Cinquanta l’idea rinacque in Inghilterra, dove alcuni circumnavigatori si riunirono sotto la bandiera della neonata International Association of Cape Horners, ufficialmente fondata nel 1957 a Portsmouth.
Oggi l’associazione ha sede a Les Sables-d’Olonne, in Francia, città simbolo della vela oceanica e porto di partenza della Vendée Globe. Qui si trova anche la Hall of Fame dei Cape Horners, dove sono ricordati i più grandi navigatori che hanno sfidato il Capo.
A presiedere l’associazione è Sir Robin Knox-Johnston, leggenda vivente della vela e primo uomo ad aver compiuto una circumnavigazione del globo in solitario e senza scalo nel 1969. La sua figura incarna perfettamente lo spirito dei Cape Horners: resistenza, disciplina e rispetto per il mare.

Cosa serve per diventare un “Horner”
Non basta aver navigato vicino a Capo Horn per entrare nel club. Le regole sono chiare: per essere ammessi bisogna averlo doppiato sotto vela, come parte di una circumnavigazione senza scalo di almeno 3.000 miglia nautiche, passando a sud del 50° parallelo sia in entrata che in uscita.
Niente motori, niente soste, niente scorciatoie: solo vela, coraggio e mare aperto. Chi compie l’impresa può richiedere l’ammissione ufficiale e, se accettato, entra a far parte di una cerchia che conta oggi meno di duemila tra uomini e donne in tutto il mondo.
Navigazione continua o a tappe: la differenza
All’interno dell’associazione vengono riconosciute due grandi categorie di Cape Horners:
- i navigatori che hanno doppiato Capo Horn nel corso di una circumnavigazione continua, senza scali, come accade nelle regate oceaniche più estreme (Vendée Globe, Golden Globe Race, BOC Challenge);
- e coloro che lo hanno fatto durante una navigazione a tappe, interrotta da scali tecnici o logistici, spesso nell’ambito di regate a più tratte o progetti di esplorazione.

Entrambe le imprese richiedono competenza, tenacia e spirito marinaro, ma la navigazione senza scalo resta quella più vicina all’essenza del Cape Horner: un atto di completa autosufficienza, dove il navigatore affronta l’oceano australe da solo, senza possibilità di rifugio.
Un’élite che non cerca la fama
Essere un “Cape Horner” non significa vantarsi di un record o di una vittoria, ma appartenere a una storia antica fatta di silenzio, fatica e rispetto per l’oceano.
Ogni membro riceve un certificato con il proprio numero d’iscrizione e può partecipare ai raduni annuali dell’associazione, dove si condividono esperienze e ricordi di bordo.
Molti dei grandi protagonisti della vela oceanica moderna fanno parte dell’IACH: navigatori che hanno affrontato in solitario o in equipaggio le rotte del Sud, tra burrasche, ghiaccio e temperature glaciali, dove il mare non perdona gli errori.
Gli italiani del club

Anche l’Italia ha scritto pagine importanti tra i Cape Horners. Nel registro dell’associazione compaiono nomi che hanno portato la vela italiana oltre le rotte conosciute, sfidando oceani e tempeste.
- Giovanni Soldini, che ha doppiato il Capo più volte in regata e in navigazione oceanica.
- Ambrogio Beccaria, che ha doppiato Capo Horn nel 2024 durante il Vendée Globe con Alla Grande Pirelli.
- Simone Bianchetti, che lo superò nel 2000 durante il Vendée Globe.
- Alessandro Di Benedetto, autore di una circumnavigazione in solitario su una barca di soli 6,50 metri e poi ancora di un Vendée Globe.
- Gaetano Mura, che ha percorso le acque del Sud nel suo giro del mondo in solitario.
- Vittorio Malingri, primo italiano a partecipare alla Vendée Globe e a doppiare il Capo da solo.
- Matteo Miceli, con la sua barca a energia autonoma Eco40, che ha affrontato il Capo durante la circumnavigazione del 2015.
- Alessandro Tosetti, che lo ha superato nel 2024 durante il Globe Solo Challenge.
- Marco Nannini, circumnavigatore e protagonista di numerose regate oceaniche.

Ognuno di loro rappresenta un frammento di quella storia antica che unisce marinai di ogni epoca: la sfida con l’oceano australe, la linea invisibile che segna il confine tra paura e libertà.
Il significato di Capo Horn oggi
Oggi doppiarlo non è più necessario per commerciare o esplorare, ma resta il simbolo più autentico del navigare estremo, quello che non conosce compromessi.
Entrare nel club degli “Horners” non significa soltanto aver completato una rotta, ma aver varcato una soglia interiore. Chi ci è passato lo sa: dopo Capo Horn, nulla è più come prima.
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