giovedì 25 dicembre 2025
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Come pulire le cime della barca a vela: quando farlo e come mantenerle efficienti

Le cime si usurano e se male manutenzionate, l'usura è molto più veloce. E’ fondamentale lavare le cime di tanto in tanto in modo da liberarle dai cristalli di sale che vi si annidano durante la navigazione
Le cime si usurano e se male manutenzionate, l'usura è molto più veloce. E’ fondamentale lavare le cime di tanto in tanto in modo da liberarle dai cristalli di sale che vi si annidano durante la navigazione

Pulizia delle cime della barca a vela: perché è importante, quando lavarle e come intervenire su scotte, drizze e borose per allungarne la durata.

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La pulizia delle cime di una barca a vela è un’operazione spesso sottovalutata, ma fondamentale per mantenere efficienza, sicurezza e durata nel tempo dell’attrezzatura di coperta. Le cime lavorano costantemente sotto carico, sono esposte a sole, sale e sporco e, durante le manovre di porto, entrano spesso in contatto con superfici abrasive. Trascurarne la manutenzione significa ridurne la vita utile e, nei casi peggiori, comprometterne l’affidabilità.

Perché pulire le cime

Con il tempo, sale e particelle di sporco penetrano tra le fibre, irrigidendo la cima e aumentandone l’usura interna. Questo processo rende le manovre meno scorrevoli, peggiora la presa sui winch e accelera l’invecchiamento dei materiali sintetici. Una cima che all’esterno appare ancora in buone condizioni può essere in realtà già indebolita all’interno.

Una pulizia regolare permette di preservare elasticità e resistenza, mantenendo inalterate le prestazioni e riducendo la necessità di sostituzioni frequenti.

Quando è il momento giusto

Non esiste una scadenza fissa valida per tutte le barche. Molto dipende dall’intensità di utilizzo, dalle condizioni di navigazione e dal tipo di manutenzione generale della barca. In linea generale, le cime andrebbero lavate almeno una volta all’anno, preferibilmente a fine stagione, quando l’imbarcazione viene preparata per l’inverno.

Se però si ha l’abitudine e la possibilità di sciacquare le cime con acqua dolce a ogni rientro in porto, il lavaggio approfondito può essere effettuato anche un anno sì e uno no.

Una cima, per rovinarsi realmente, deve essere impregnata di sale. Quando questo accade, la cima diventa rigida, difficile da addugliare e, scorrendo tra le mani, può lasciare segni evidenti. Con un uso normale, servono generalmente tre o quattro anni prima che le cime inizino a irrigidirsi in modo significativo.

Come pulire correttamente le cime

Il metodo più semplice ed efficace è il lavaggio in acqua dolce. Le cime possono essere immerse in un contenitore capiente e lasciate in ammollo per alcune ore, così da favorire lo scioglimento del sale. Successivamente possono essere agitate o strofinate delicatamente, evitando spazzole rigide che rischiano di danneggiare le fibre.

Per una pulizia più profonda è possibile utilizzare un detergente neutro, specifico per tessuti tecnici o per uso nautico. È importante evitare prodotti aggressivi, sgrassatori o candeggianti, che possono compromettere la struttura del materiale.

In alternativa, alcune cime possono essere lavate anche in lavatrice, inserendole in una federa o in un sacco per il bucato, impostando un ciclo delicato a bassa temperatura e senza centrifuga. Anche in questo caso vanno utilizzati esclusivamente detergenti delicati, senza ammorbidente.

L’asciugatura

Dopo il lavaggio, le cime vanno risciacquate accuratamente e lasciate asciugare all’aria in un luogo ombreggiato e ben ventilato. L’esposizione diretta e prolungata al sole è da evitare, perché i raggi UV accelerano il degrado dei materiali sintetici. Le cime non devono mai essere riposte umide, per prevenire cattivi odori e deterioramenti nel tempo.

Drizze e borose: come intervenire

Se le scotte, le cime di ormeggio e quelle di rispetto si lavano facilmente, la pulizia di drizze e borose è più complessa, perché scorrono all’interno dell’albero o del boma. L’ideale sarebbe farle uscire completamente, smontarle, lavarle e riposizionarle, ma si tratta di un’operazione lunga, laboriosa e non priva di rischi.

In alternativa è possibile lavare almeno la parte più accessibile.

Come lavare le drizze

Si lega un pilota alla drizza e lo si issa, in modo che la drizza esca quasi completamente dall’albero. Rimarrà all’interno solo una lunghezza pari all’altezza dell’albero, che è anche la parte che tende a sporcarsi meno. A questo punto la parte libera viene addugliata e immersa in un contenitore con acqua tiepida e un detergente per abiti tecnici, caratterizzato da un pH compreso tra 7 e 9.

Dopo averla lasciata in ammollo per una notte, la drizza va estratta e lasciata asciugare sul ponte, coperta con un panno per evitare il contatto diretto con il sole.

Come lavare le borose

Per le borose il procedimento è simile. La borosa viene bloccata in varea e si lava la parte che è fuoriuscita dal boma, immergendola in un contenitore con acqua e detergente neutro.

Un controllo utile

La pulizia è anche il momento ideale per ispezionare le cime lungo tutta la loro lunghezza. Segni di sfilacciamento, appiattimenti o indurimenti localizzati indicano che la cima sta arrivando a fine vita o che alcune sezioni dovrebbero essere invertite, quando possibile, per distribuire meglio l’usura.

Prendersi cura delle cime non è solo una questione estetica, ma una buona pratica marinaresca. Una manutenzione semplice e regolare contribuisce a rendere la navigazione più fluida, sicura e coerente con l’attenzione che una barca a vela merita in ogni suo dettaglio.

© Riproduzione riservata

   

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