Alberi, sartie e stralli: scopri come si mantiene in equilibrio l’albero di una barca a vela e come la sua flessibilità influisce su regolazioni e prestazioni
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In passato gli alberi delle imbarcazioni e delle navi erano realizzati in legno e tenuti in posizione da sartie costituite da cime vegetali. È evidente che le sartie e l’alberatura stessa offrivano una resistenza al vento ben superiore a quella delle attuali attrezzature, con una conseguente diminuzione dell’efficienza del sistema velico.
L’applicazione di tecnologie sempre più avanzate ha permesso di realizzare alberi in lega leggera, robusti e flessibili, tenuti in posizione da sartie e stralli in acciaio inossidabile o da cavi sottili e resistenti fibre sintetiche. Ciò ha consentito di ridurre dimensioni e peso, a tutto vantaggio dell’inerzia, dell’aerodinamica e delle forze in gioco per il governo delle vele.
Nelle imbarcazioni contemporanee l’albero è in genere costruito in lega leggera di alluminio, con un notevole risparmio di peso nella parte alta dell’attrezzatura. La sezione è solitamente ellittica, con l’asse maggiore disposto nel senso prua-poppa. Questa
a sì che la flessibilità longitudinale sia inferiore a quella trasversale; con una sezione circolare, invece, la flessibilità sarebbe uguale in tutte le direzioni. Obiettivo: flessibilità La flessibilità laterale è controllata dalla presenza delle sartie, mentre quella nel senso prua-poppa è sfruttata per modificare la forma della randa, adattandola alla forza del vento e all’andatura. È evidente che un albero è tanto più flessibile quanto minori sono le sue dimensioni in relazione all’altezza. Un albero molto flessibile tende più facilmente a “pompare”, cioè a flettersi alternativamente nel piano longitudinale come conseguenza del beccheggio causato dalle onde. Nel senso trasversale, invece, la flessione è controllata dalle sartie. Il pompaggio aumenta il rischio di rottura per fenomeni di fatica o instabilità dell’equilibrio: un profilo alto e sottile tende più facilmente di uno corto e tozzo a “sfuggire” lateralmente agli sforzi di compressione. Si pensi all’esempio di un ago da calza compresso tra le estremità (fig. 1): l’asta sottile e flessibile (a in figura), sottoposta a una forza F, tende a deformarsi come mostrato in b, mentre un’asta più tozza (c) è meno soggetta a q
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