
Dalle barche Jeanneau e Beneteau ai superyacht Vitruvius, la storia di Philippe Briand, l’architetto navale che ha unito arte e ingegneria nel design nautico.
Quello della progettazione navale è un campo dove il genio artistico si deve fondere con la capacità ingegneristica di capire l’anima delle cose, intuire il funzionamento sinergico di più elementi. In questa difficile arte di creare un oggetto bello ed efficiente per solcare le onde del mare, Philippe Briand è un maestro.
Nato nel 1952 a La Rochelle, ha passato la sua infanzia nel loft da velaio del padre e, come racconta lui stesso, a 16 anni ha venduto il suo primo progetto per una barca a vela da regata. Con un’infanzia così, il suo destino era segnato: la sua strada era quella del mare e la sua intelligenza lo ha portato alla progettazione. In quarant’anni di carriera Briand ha visto costruire oltre 12.000 barche sulla base dei suoi disegni, dagli scafi industriali come i Jeanneau 53 e 54 ai mega yacht da oltre cento metri, passando per barche da Coppa America e modelli da record come il Mari-Cha IV, 42 metri che per dodici anni ha detenuto il primato di traversata atlantica.

Philippe Briand appartiene a quella rara categoria di progettisti capaci di unire intuizione artistica e rigore tecnico. Nei suoi disegni convivono il senso estetico delle linee e l’efficienza delle forme. Le sue barche non nascono mai da un’idea astratta, ma da un dialogo profondo con il mare. “Ogni scafo deve respirare come un organismo vivo”, ha dichiarato una volta, sintetizzando la sua filosofia di progettazione.
Fin dagli inizi, Briand si è distinto per la capacità di tradurre i principi idrodinamici in geometrie eleganti e funzionali. La sua curiosità lo ha portato spesso nei cantieri a osservare gli scafi in costruzione, annotando proporzioni, curvature, soluzioni di coperta. Da adolescente, passava le ore a disegnare carene su fogli millimetrati, cercando di capire “perché alcune barche sembrano andare d’accordo con il mare e altre no”.
Dalla regata alla grande serie
Dopo i successi nelle competizioni internazionali, Briand comprese che la vera sfida non era solo disegnare barche vincenti, ma rendere accessibili le innovazioni tecniche anche al diportista comune. Iniziò così la collaborazione con grandi cantieri come Beneteau, Jeanneau, CNB e Sun Odyssey, per i quali realizzò linee di produzione caratterizzate da carene veloci, coperta ergonomica e un perfetto equilibrio tra comfort e prestazioni.

Il Sun Odyssey 409, ad esempio, introdusse una nuova generazione di piani velici più facili da gestire anche in equipaggio ridotto, mentre la serie Jeanneau Yachts 53 e 54 fissò nuovi standard per la crociera moderna, combinando performance e spazi interni di livello superiore. Briand ha dimostrato che una barca industriale può essere anche una barca d’autore, influenzando profondamente la produzione di serie.
L’uomo dei record
Il nome di Philippe Briand è legato a una lunga lista di scafi da regata che hanno fatto la storia. Oltre al celebre Mari-Cha IV, vanno ricordate France III e France IV per la Coppa America, e il Passion 2, vincitore di importanti regate d’altura negli anni Ottanta. Negli anni Duemila ha esteso la sua visione al mondo dei superyacht, firmando modelli come il Velsheda II, il Vertigo (67 metri, vincitore del World Superyacht Award 2012) e il SY Tiara.
Con Vitruvius Yachts, il marchio fondato a Londra insieme alla moglie Veerle Battiau, Briand ha poi esplorato il mondo dei motoryacht d’altura, introducendo il concetto di “efficienza totale”: yacht capaci di navigare con consumi inferiori e maggiore stabilità, anticipando la sensibilità green oggi dominante nella nautica di lusso.

Chi ha lavorato con lui racconta che Briand può passare ore su un dettaglio, come la curvatura di un tientibene o la posizione di un winch. “Una barca”, dice, “è una macchina poetica: se una sola parte è fuori posto, perde la sua musica.”
In un’intervista ha ricordato un episodio dei suoi esordi: durante il collaudo di una delle sue prime barche da regata, il timone si bloccò improvvisamente durante una virata. L’incidente non ebbe conseguenze, ma per lui fu una rivelazione: “Capì che il mare non perdona errori di armonia. Ogni vite, ogni forma, ogni materiale deve dialogare con il vento e l’acqua.” Da allora, la parola “sinergia” è diventata il cardine del suo metodo progettuale.

Oggi Philippe Briand vive tra Londra e La Rochelle, dove continua a disegnare e a guidare un team internazionale di architetti navali. La sua eredità è visibile non solo nei superyacht che portano il suo nome, ma anche in migliaia di barche che popolano i porti di tutto il mondo.
Dalla vela sportiva alla crociera familiare, dal cantiere artigianale alla produzione industriale, Briand ha saputo creare un linguaggio universale della bellezza in mare, dove estetica e funzionalità si fondono in un equilibrio perfetto. Le sue barche non sono semplici progetti: sono idee che navigano, testimoni di un modo di pensare il mare in cui l’ingegneria incontra la poesia.
Barche di serie progettate da Philippe Briand
- Jeanneau Yachts 53
- Sun Odyssey 409
- Jeanneau Yachts 60
- Espace 1000
- Symphonie 32
- Beneteau Evasion 36
- Jeanneau Yachts 55
- Sun Odyssey 50 DS
- Jeanneau Yachts 54
- Jeanneau Yachts 57
Superyacht a vela firmati Philippe Briand
- Mari-Cha IV – 42 m
- Sybaris – 70 m, ketch Perini Navi
- Badis I – 70 m, progetto con Perini Navi
- Dahlak – 38,15 m, Perini Navi
- Vertigo – 67,2 m, Alloy Yachts
Superyacht a motore firmati Philippe Briand
- Shinkai – 55 m, explorer Feadship
- Galileo G – 55 m
- Grace E – 73 m
- Najiba – 58 m, Feadship
- Exuma – 50 m, primo Vitruvius
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