venerdì 5 dicembre 2025
NSS Group
  aggiornamenti

Chioggia, scoperta una discarica sommersa di barche nelle Vecchie Chiuse del Brenta

A Chioggia la Guardia di Finanza scopre un’area sommersa trasformata in discarica di barche abbandonate. Relitti in vetroresina, rischio ambientale e cosa prevede la legge per lo smaltimento.

Il tratto di laguna dove la Guardia di Finanza ha scoperto un cimitero di barche illegale
Il tratto di laguna dove la Guardia di Finanza ha scoperto un cimitero di barche illegale
SVN GUIDE CHARTER SVN GUIDE CHARTER SVN GUIDE CHARTER
GUIDE DI CHARTER

La laguna restituisce spesso tracce del suo passato, ma questa volta ciò che è riemerso dalle acque di Chioggia racconta una storia diversa, fatta di incuria e illegalità. La Guardia di Finanza di Venezia ha sequestrato un tratto di area demaniale di circa 3.500 metri quadrati nelle Vecchie Chiuse del Brenta, dove i sommozzatori hanno individuato un vero e proprio cimitero sommerso di barche abbandonate.

Le immersioni hanno portato alla luce nove imbarcazioni affondate e un’altra unità di dodici metri semisommersa, tutte in stato di degrado avanzato. Scafi in legno e vetroresina, motori corrosi, serbatoi deteriorati: un insieme di relitti che, secondo la stima degli investigatori, ha generato oltre ottomila chili di rifiuti speciali e pericolosi. Molti di questi scafi mostrano segni di affondamento volontario, un espediente usato per evitare i costi dello smaltimento e le procedure previste dalla normativa. Al momento due persone sono state denunciate.

L’operazione si inserisce nelle attività di controllo ambientale della Guardia di Finanza, che negli ultimi anni ha intensificato la vigilanza nelle aree lagunari più sensibili. La presenza di imbarcazioni in disfacimento in zone poco profonde è considerata una minaccia diretta per la fauna e la flora locali: resine, oli, carburanti e materiali compositi, degradandosi, rilasciano sostanze che alterano gli equilibri del fragile ecosistema lagunare.

La vicenda di Chioggia mette in luce uno dei problemi più complessi del settore nautico italiano, ovvero la gestione del “fine vita” delle imbarcazioni. La vetroresina, materiale ampiamente diffuso dagli anni Settanta, è longeva quando la barca è operativa ma diventa un rifiuto difficile da trattare una volta che lo scafo non è più utilizzabile. La mancanza di centri specializzati e i costi elevati spingono alcuni proprietari verso soluzioni illegali, come l’abbandono in laguna o l’affondamento intenzionale.

Come deve essere smaltito uno scafo in vetroresina

La legge italiana considera gli scafi in vetroresina arrivati a fine vita come rifiuti speciali. La demolizione deve essere effettuata da impianti autorizzati, che provvedono a separare le parti recuperabili e a conferire la vetroresina in discariche o strutture capaci di trattarla in sicurezza. Prima della rottamazione, l’imbarcazione deve essere cancellata dai registri nautici tramite la Capitaneria di Porto. L’abbandono o l’affondamento volontario costituiscono illecito e possono comportare sanzioni penali e amministrative. Non esiste ancora in Italia un sistema su larga scala per il riciclo della vetroresina, ma diversi progetti stanno valutando impieghi alternativi nel settore edilizio e industriale.

© Riproduzione riservata

SVN VIAGGI SVN VIAGGI SVN VIAGGI
ARTICOLI DI VIAGGI
Pardo Pardo Pardo
PUBBLICITÀ