
Negli Stati Uniti il governo ha concluso la vendita all’asta dell’Amadea, un superyacht di 106 metri costruito dal cantiere tedesco Lürssen, appartenuto — secondo Washington — all’oligarca russo Suleiman Kerimov, vicino al Cremlino. L’imbarcazione era stata sequestrata nel 2022 nelle Fiji, nell’ambito delle misure internazionali contro i beni riconducibili a cittadini russi sanzionati dopo l’invasione dell’Ucraina.
Dal sequestro alla vendita
L’Amadea, un gioiello del valore stimato di oltre 300 milioni di dollari, è rimasto per anni fermo in porto sotto custodia statunitense. Gli Stati Uniti hanno sostenuto che la proprietà reale fosse di Kerimov, nonostante un’altra figura — l’ex dirigente della compagnia petrolifera Rosneft, Eduard Khudainatov — ne avesse rivendicato la titolarità. Dopo una lunga battaglia legale, la giustizia americana ha dato ragione al governo, aprendo la strada alla vendita.
L’asta, organizzata con offerte sigillate e una cauzione di dieci milioni di dollari per partecipare, si è chiusa a ottobre 2025. Una soluzione necessaria, anche per alleggerire i costi di gestione che per mesi sono ricaduti sullo Stato: equipaggio, assicurazioni, carburante e manutenzione ammontavano a milioni di dollari l’anno.
Un precedente politico e giuridico
Il caso dell’Amadea è molto più di una semplice vendita. Segna un precedente importante: gli Stati Uniti hanno dimostrato di poter non solo sequestrare, ma anche disporre concretamente dei beni di lusso appartenenti a soggetti sanzionati.
È una mossa che rafforza il messaggio politico di Washington: chi sostiene, direttamente o indirettamente, la guerra o il regime russo, non può continuare a godere dei propri beni al riparo da ogni conseguenza.
Inoltre, i proventi della vendita, secondo quanto dichiarato dal Dipartimento di Giustizia, saranno destinati al sostegno dell’Ucraina, completando così un ciclo di “confisca a fini di solidarietà” che in Europa, invece, resta ancora irrealizzato.
L’Europa e il nodo della liceità
Dall’altra parte dell’Atlantico, la questione è ben più complessa.
Nel vecchio continente, non esiste ancora un quadro normativo univoco che consenta agli Stati di vendere i beni sequestrati a cittadini russi. Ogni paese si muove in base alle proprie leggi, e il risultato è una paralisi operativa: yacht, ville e jet restano bloccati nei porti e negli hangar, generando costi ma nessun ritorno.
In Italia, come in Francia o in Spagna, il sequestro è possibile, ma la vendita o l’utilizzo dei beni sequestrati solleva questioni giuridiche ancora irrisolte: chi può autorizzarla? A chi spettano i ricavi? E soprattutto, a chi appartengono davvero questi beni, spesso intestati a società offshore o trust con sedi nei paradisi fiscali?
Il caso americano lancia un messaggio chiaro: la rapidità decisionale conta.
Gli Stati Uniti hanno agito in pochi mesi, mentre in Europa, due anni dopo, si discute ancora di principio di legalità e diritto di proprietà. È un tema delicato, ma che tocca anche la credibilità politica del sistema europeo di sanzioni.
In assenza di un quadro chiaro, i beni restano fermi, i costi crescono e la giustizia perde efficacia. Servirebbe una normativa comune che consenta di passare dal sequestro alla liquidazione, prevedendo al contempo una destinazione trasparente dei proventi, ad esempio a favore delle vittime della guerra o per progetti di ricostruzione.
Oltre la geopolitica
Per il mondo della nautica, l’episodio dell’Amadea è un segnale tangibile: i grandi yacht non sono più soltanto simboli di lusso, ma anche strumenti al centro di questioni politiche e legali globali.
La capacità degli Stati Uniti di agire rapidamente su un bene di queste dimensioni dimostra che il potere di sanzione può avere effetti concreti — e che il confine tra ricchezza privata e responsabilità internazionale è oggi più sottile che mai.
La vendita del superyacht Amadea non è solo una notizia di cronaca giudiziaria, ma un banco di prova politico e morale.
Mentre Washington sceglie di trasformare un sequestro in un’azione concreta, l’Europa è ancora alla ricerca di una soluzione al dilemma sulla liceità di disporre dei beni sanzionati.
America e Europa, due culture molto diverse, così come è diverso il senso della giustizia e del diritto.
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