
Se ripercorriamo la storia degli ultimi quarant’anni della vela, vediamo che le barche sotto i 40 piedi hanno lentamente perso terreno. Un tempo i Classis 8,50, i Comet 800, i Pierrot o gli Ziggurat 9.95 costituivano la maggior parte delle imbarcazioni. Otto, nove metri che, quasi senza accorgersene, hanno lasciato il posto ai 10 metri, 34-35 piedi, che alla fine degli anni Novanta sono stati sostituiti nella fascia più bassa delle gamme dai 36-37 piedi, fino ad arrivare agli anni Duemila, quando nell’ultimo ventennio tutto ciò che è sotto i 38 piedi è diventato una rarità.
Questa tendenza trova conferma oggi nei saloni autunnali di Cannes e Genova. A Genova, ad esempio, troviamo un solo 40 piedi, il Sun Odyssey 415, e un unico 30 piedi, il First 30. Nessun altro cantiere è disposto a investire per esporre quelle che oggi vengono considerate “barche piccole”, ma che in realtà restano le imbarcazioni che permettono di navigare in completa libertà.
Barche che si possono condurre in vera autonomia, con carichi alla portata dello sforzo umano. Le ultime a resistere sono i 40 piedi, che riescono ancora a suscitare un minimo d’interesse nei grandi cantieri, ma che sono già stati abbandonati dai cantieri boutique. Solaris, ad esempio, non sostituirà il suo Solaris 40. Cantiere del Pardo, dopo aver dichiarato al lancio del Grand Soleil 42LC che quello sarebbe stato il modello più piccolo della gamma, ha presentato il nuovo 40. Tuttavia, con la nuova proprietà, resta da capire se barche di queste dimensioni troveranno ancora spazio nei futuri piani di investimento.
Il problema è serio, perché le barche piccole, dai 30 piedi in su, hanno sempre garantito l’ingresso di giovani nel mondo della vela. Giovani professionisti con una capacità di spesa comunque significativa — oggi un 30 piedi non costa meno di 130.000 euro — che in seguito avrebbero potuto acquistare barche più grandi. Con la scomparsa di queste imbarcazioni, il settore della vela rischia di impoverirsi e di affrontare difficoltà crescenti.
Se il futuro è un mondo della vela sempre più elitario e riservato a chi dispone di risorse economiche elevate, i velisti saranno inevitabilmente sempre meno. Se un giovane trentenne non può comprare una barca perché non esiste un’offerta compatibile con il suo budget, si orienterà verso sport diversi, più accessibili. Questo, nel tempo, avrà conseguenze su tutto il mercato nautico: dai porti, che si troveranno con posti sempre più vuoti, ai professionisti dell’assistenza, costretti a lavorare per una clientela ridotta e quindi ad aumentare i prezzi, allontanando ulteriormente potenziali nuovi appassionati. Un circolo vizioso che potrebbe portare a una vera e propria desertificazione del settore della vela.
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