
Richiesta di soccorso in alto mare
Martedì mattina 10 giugno un pattugliatore della Guardia Costiera tedesca intercetta la richiesta di aiuto di una barca a vela di 14 metri con due persone a bordo. L’imbarcazione, un due alberi attrezzato per la navigazione d’altura, batte bandiera svedese.
In mare le onde sono molto alte, stimate sui quattro metri, e il vento soffia con picchi oltre i 60 nodi. La barca ha perso l’uso del motore e i due a bordo, con quel vento, non se la sentono di issare le vele. Temono che, traversandosi al mare, l’imbarcazione possa capovolgersi.
Iniziano i soccorsi
Il pattugliatore rilancia l’allarme e resta nelle vicinanze dell’imbarcazione, mantenendo il contatto con l’equipaggio. Dopo circa 45 minuti, arriva una motovedetta della DGzRS, l’organizzazione tedesca di salvataggio in mare composta da volontari.
Fino a questo momento il protocollo seguito non differisce da quello che si adotterebbe in Italia: avvistamento, rilancio del soccorso, intervento di una unità di salvataggio. Anzi, nel nostro Paese, viste le condizioni del mare, probabilmente sarebbero stati coinvolti più mezzi. Ma da qui in poi, i due modelli di soccorso divergono profondamente.
Il traino della barca
Quando l’unità della DGzRS raggiunge l’imbarcazione, i soccorritori riescono, seppure con difficoltà, a comunicare con l’equipaggio svedese per verificare le loro condizioni e quelle della barca, che risulta non imbarcare acqua e non essere in procinto di affondare.
A questo punto, i soccorritori decidono di non organizzare un trasbordo, come avrebbe fatto la Guardia Costiera italiana. Preparano invece un lungo cavo di traino, agganciano l’imbarcazione e fanno rotta verso il porto, seguiti a distanza dal pattugliatore.
In Italia, con ogni probabilità, sarebbe stato richiesto l’intervento di un elicottero per prelevare i naufraghi e la barca sarebbe stata lasciata alla deriva.
Si torna in porto, soccorso terminato
La barca viene riportata in porto e i due membri dell’equipaggio, visitati da un medico per controlli di routine, tornano presto a bordo per iniziare le riparazioni necessarie. L’obiettivo è riprendere il mare nel giro di pochi giorni.
Ma il dato più rilevante è un altro: in mare non è stato lasciato alcun relitto alla deriva, potenziale pericolo per la navigazione, soprattutto notturna.
Perché in Italia no?
La domanda sorge spontanea: perché in Italia un soccorso simile non può avvenire nello stesso modo? Perché la Guardia Costiera italiana preferisce trasbordare l’equipaggio e abbandonare la barca, anziché trainarla in porto, anche quando è ancora perfettamente recuperabile?
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