
Un pomeriggio tranquillo sul Bodensee, il Lago di Costanza, si è trasformato in tragedia. Nel tratto austriaco del lago, un motoscafo ha colpito con violenza un’imbarcazione a vela, provocando la morte di una donna tedesca.
L’incidente è avvenuto sabato pomeriggio, intorno alle 15:35, a circa tre chilometri dalla costa. Secondo quanto riferito dalla polizia del Vorarlberg, il motoscafo, con quattro persone a bordo, tutte austriache, si sarebbe avvicinato a grande velocità a una barca a vela con due persone di nazionalità tedesca.
L’impatto è stato devastante: la barca a vela si è capovolta ed è stata completamente distrutta. L’uomo che si trovava a bordo è riuscito a salvarsi gettandosi in acqua poco prima della collisione, mentre la donna ha riportato ferite gravissime ed è deceduta nonostante i tentativi di rianimazione.
Le condizioni meteo erano ideali, la visibilità perfetta. A bordo del motoscafo nessuno è rimasto ferito fisicamente, ma tutti sono sotto shock e assistiti da psicologi. Le autorità hanno aperto un’indagine per stabilire le responsabilità del conducente, ma le cause precise restano ancora da chiarire.
Quando il pilota automatico diventa un pericolo
Un’altra collisione, un’altra vittima. E ancora una volta emergono gli stessi interrogativi: come è possibile non vedere una barca a vela con un albero alto tra i 15 e i 20 metri in una giornata di piena visibilità?
Chi naviga sa che in condizioni del genere l’unica spiegazione plausibile è la disattenzione, spesso dovuta all’uso improprio del pilota automatico. È una scena purtroppo nota: lo skipper inserisce l’autopilota, accelera e si dedica ad altro, mentre la barca procede senza alcun controllo reale. Quando l’impatto è imminente, nessuno riduce la potenza dei motori perché ai comandi non c’è una persona, ma una macchina che non ragiona.
Il rumore dei motori impedisce di sentire eventuali richiami, e l’urto diventa inevitabile.
Un vuoto normativo che costa vite
Nei rapporti ufficiali e negli articoli di cronaca raramente si parla del ruolo del pilota automatico. Le indagini vengono spesso condotte da chi non conosce la nautica, e il tema emerge solo quando un avvocato o un magistrato con esperienza diretta di navigazione lo porta all’attenzione del tribunale.
Eppure, la realtà è evidente: in molti casi non esistono altre spiegazioni logiche a incidenti simili, se non l’incoscienza di chi affida la propria barca a una macchina senza mantenere la sorveglianza visiva.
SVN lo ribadisce da tempo: serve una legge che imponga un sistema di sicurezza capace di spegnere i motori quando lo skipper non interagisce con il timone per più di tre o quattro minuti a velocità superiori ai 5-6 nodi.
Il pilota automatico deve essere un aiuto, non un sostituto. Si può usarlo, ma rimanendo di vedetta: non si può attivarlo e andare sottocoperta a cucinare, come purtroppo accade troppo spesso.
I morti causati da incidenti di questo genere non sono numerosi, ma ognuno di loro rappresenta una perdita evitabile. E finché non verrà imposto un uso più consapevole del pilota automatico, continueremo a contare vittime che avevano tutto il diritto di vivere.
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