mercoledì 8 ottobre 2025
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Il Congresso USA vuole modificare il Marine Mammal Protection Act: rischi per balene e delfini

Una riforma in discussione al Congresso USA potrebbe indebolire il Marine Mammal Protection Act, mettendo a rischio la tutela di balene e delfini.

Le balene che nuotano negli oceani del mondo, secondo uno studio recente, assorbono anitride carbonica in ragione di quattro volte quello che fa la foresta amazonica
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Negli Stati Uniti è in discussione una proposta di legge che potrebbe modificare in modo sostanziale il Marine Mammal Protection Act, la normativa che dal 1972 tutela balene, delfini, foche e altri mammiferi marini. La riforma, presentata come un aggiornamento della legge, mira a “semplificare” le procedure di autorizzazione per le attività economiche che interagiscono con l’ambiente marino, ma secondo molti osservatori rischia di indebolire drasticamente le protezioni esistenti.

Cosa prevede la proposta di modifica

Il nuovo testo ridefinisce alcuni concetti chiave della legge, come “danno” e “disturbo” ai mammiferi marini, rendendo più difficile dimostrare che un’attività umana costituisca una minaccia per le specie. Allo stesso tempo, le agenzie federali dovrebbero rispettare criteri di prova più severi per adottare misure di protezione, con il rischio di rallentare gli interventi in caso di emergenza ambientale.

La proposta include anche limiti alle misure di mitigazione, riducendo la possibilità per le autorità di imporre restrizioni alle industrie che causano danni accidentali a balene e delfini. Inoltre, cambierebbe l’obiettivo principale della legge: non più garantire il “recupero ottimale” delle popolazioni marine, ma semplicemente mantenerle a un livello minimo di sopravvivenza.

Perché la riforma è considerata pericolosa

Gli scienziati e le associazioni per la conservazione temono che una simile revisione possa avere effetti devastanti sulle specie più vulnerabili, come la balena franca nordatlantica, di cui restano poche centinaia di esemplari.

Con standard meno rigorosi, aumenterebbe il rischio di incidenti gravi dovuti a reti da pesca, traffico marittimo e attività di esplorazione sismica. Le autorità, vincolate da procedure più complesse, avrebbero meno strumenti per agire in modo preventivo, lasciando che i danni si verifichino prima di poter intervenire.

Un altro effetto possibile riguarda gli ecosistemi marini nel loro insieme: i mammiferi marini svolgono un ruolo cruciale nel mantenimento dell’equilibrio ecologico degli oceani, e un loro declino influirebbe su molte altre specie, con ripercussioni anche sulle attività umane che dipendono dalla salute del mare.

Le conseguenze di un indebolimento delle tutele

Se il Congresso dovesse approvare la riforma, il rischio principale sarebbe un progressivo declino delle popolazioni di mammiferi marini. Incidenti oggi punibili o sottoposti a sanzioni potrebbero diventare “accettabili” dal punto di vista legale, favorendo un aumento delle morti accidentali.

Sul piano ambientale, la perdita di questi animali comprometterebbe la stabilità degli ecosistemi e la capacità dell’oceano di assorbire anidride carbonica, con conseguenze anche per il clima globale.

Dal punto di vista economico, attività come il turismo naturalistico e il whale watching potrebbero subire un contraccolpo, così come i settori legati all’“economia blu” sostenibile. Anche l’immagine internazionale degli Stati Uniti come Paese guida nella protezione ambientale verrebbe indebolita.

Da oltre cinquant’anni il Marine Mammal Protection Act è considerato uno dei pilastri della legislazione ambientale statunitense. È grazie a questa legge se nessuna specie di mammifero marino si è estinta nelle acque americane negli ultimi decenni.

Smantellarne le basi significherebbe fare un passo indietro dopo mezzo secolo di progressi nella tutela della fauna marina e nella gestione sostenibile degli oceani. La discussione è ancora in corso, ma l’esito potrebbe segnare un punto di svolta nel rapporto tra sviluppo economico e protezione della vita negli oceani.

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