
Dopo oltre vent’anni dall’ultimo intervento, le draghe sono tornate alla foce del Tevere e hanno ripreso a scavare.
La barra alla foce del Tevere
L’imboccatura del fiume è soggetta a barra: quando soffia il vento da ovest, l’acqua di mare viene spinta dentro il Tevere e si scontra con la corrente del fiume. L’opposizione delle due forze genera onde che, a volte, possono diventare molto alte, rendendo l’ingresso nel fiume estremamente pericoloso per le barche a vela dirette ai cantieri di rimessaggio.
Fondali ridotti e rischi per la navigazione
Questo fenomeno è aggravato dall’accumulo di sabbia all’uscita del fiume: in alcuni tratti il fondale oggi non raggiunge nemmeno i due metri. Le barche che arrivano dal mare devono tentare di cavalcare l’onda ed entrare planando su di essa. Se la manovra non riesce, l’imbarcazione può cadere nel cavo dell’onda: in quel caso è probabile che la chiglia tocchi il fondo, la barca si giri di traverso rispetto all’onda e venga colpita di lato, con il rischio di ribaltarsi.
Un problema di sicurezza irrisolto
Negli anni, la foce del Tevere è stata teatro di tragedie e alcune persone hanno perso la vita. Nonostante ciò, tra un dragaggio e l’altro – l’unico sistema efficace per garantire la sicurezza della navigazione – possono trascorrere anche più di vent’anni.
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