
In molti ricorderanno Giulio Lolli, il bolognese dallo sguardo deciso e dall’aria elegante, divenuto tristemente noto per quella che nel 2010 i giornali definirono la truffa della Rimini Yacht. Lolli aveva intuito le debolezze del sistema di leasing nautico e di registrazione delle imbarcazioni presso le Capitanerie di porto: sfruttando queste falle, riuscì a rivendere gli stessi yacht a più acquirenti, incassando cifre milionarie.
Per qualche tempo il sistema funzionò, ma quando le denunce cominciarono a emergere, il meccanismo si ruppe. Scoperto, Lolli fuggì di notte in barca, lasciando la Riviera romagnola e approdando in Libia, dove iniziò una nuova vita tra traffici poco chiari e rapporti con gruppi armati locali. Fu arrestato, processato e condannato a morte, ma riuscì più volte a sottrarsi alla giustizia in un susseguirsi di eventi degni di un romanzo d’avventura.
Dopo anni di latitanza e incertezze, Lolli è stato estradato in Italia, dove oggi, a 58 anni, si trova nel carcere di Bologna in regime di semilibertà. La sua vicenda, che unisce frode, fuga e sopravvivenza, ha i tratti di una storia tanto assurda quanto reale.
La vita di Giulio Lolli potrebbe presto arrivare sullo schermo: il regista statunitense Oliver Stone avrebbe manifestato interesse per raccontare la sua vicenda, forse in un film o in una docu-serie dedicata a quello che molti definiscono il “pirata degli yacht”.
Lolli, che per tutta la vita ha inseguito ricchezza e notorietà, sembra finalmente aver ottenuto ciò che cercava: la fama, anche se in un modo che nessuno avrebbe potuto immaginare.
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