giovedì 27 novembre 2025
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In Germania vogliono abolire la patente nautica: cosa cambia e come funziona negli altri stati

In Germania vogliono abolire la patente nautica: cosa cambia e come funzionano Italia e Regno Unito

In Germania il Ministero dei Trasporti vuole abolire la patnete nautica, ma nomn tutti sono d'accordo
In Germania il Ministero dei Trasporti vuole abolire la patnete nautica, ma nomn tutti sono d'accordo
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In Germania il Ministero dei Trasporti ha annunciato una riforma profonda della normativa sulla nautica da diporto: l’intenzione è abolire le patenti nautiche “statali” tradizionali e sostituirle con cosiddette “patenti associative”, ovvero certificati rilasciati da associazioni private o riconosciute come enti abilitati.

Le nuove patenti associative dovrebbero diventare “certificati di attestazione di competenza”, con lo stesso valore legale, ai fini della navigazione da diporto, che ha oggi la patente nautica ufficiale.

Ma la proposta incontra forte resistenza da parte di associazioni storiche tedesche che denunciano il rischio di un abbassamento degli standard di formazione e sottolineano che l’attuale sistema «statale» garantisce uniformità e indipendenza nell’esame per il conseguimento della patente nautica.

L’obiettivo dichiarato del Ministero è semplificare l’accesso alla nautica da diporto, che in Germania si esprime in modo preminente nella navigazione fluviale, e modernizzare un sistema considerato oggi superato. La riforma — se approvata — potrebbe essere operativa, dopo un periodo di transizione, dal 2028.

Come funziona negli altri paesi europei

In Europa le cose funzionano in modo diverso da Paese a Paese, anche se, nella maggior parte degli Stati con lunghi tratti di costa, la patente nautica è un documento che rilascia e controlla lo Stato.

In Italia, dove lo Stato regna sovrano con un sistema burocratico piuttosto arcano, la patente nautica è emessa da questo e, per quanto sia una manifestazione di un sistema obsoleto che per altri aspetti rischia di strozzare il Paese, dà delle garanzie di omogeneità su tutto il territorio e di una preparazione base che sembra essere sufficiente a garantire un numero quasi irrisorio di incidenti in mare.

Dall’altra parte, nel Regno Unito — inteso come territorio dell’Europa geografica — le cose sono completamente diverse. Qui l’idea è che debba essere il diportista ad accertarsi di avere la giusta preparazione per prendere il mare, quindi non deve essere lo Stato a imporre un permesso per navigare. In Gran Bretagna la patente nautica non c’è, ma ci sono degli attestati che certificano la frequentazione di una scuola nautica, come la RYA, e di un certo numero di ore di navigazione; questi però non sono obbligatori per navigare, ma vengono richiesti nel caso si voglia noleggiare una barca.

L’idea che sia il diportista a dover essere responsabile e prepararsi per navigare è sicuramente affascinante, ma trascura di proteggere gli altri utenti del mare. Le vittime del diportista impreparato che provoca un incidente grave perché ignorante delle regole della navigazione potevano anche essere molto preparate e responsabili, ma hanno dovuto subire le conseguenze dell’irresponsabilità dell’altro.

Anche nel nostro sistema ci può essere l’irresponsabile che, nonostante abbia preso la patente nautica, lancia il suo motoscafo a venti nodi affidandolo al pilota automatico, ma forse sarà più difficile trovare qualcuno che, su una rotta di collisione frontale, manovri a sinistra invece che a dritta provocando l’incidente.

Il confronto con il modello tedesco

Il caso tedesco — con la proposta di passare a “patenti associative” — assomiglia più al modello britannico che a quello italiano. Ma c’è una differenza cruciale: nel Regno Unito l’associazionismo nautico è radicato da decenni, con scuole, istruttori e standard consolidati; in Germania si è ancora in piena fase sperimentale e le associazioni stesse mettono in guardia sul pericolo di abbassare la qualità della formazione.

Dal lato italiano, il sistema statale rappresenta una garanzia: uniformità, controlli, standard nazionali — elementi che assicurano che chi prende la patente abbia alle spalle un processo serio. Ma questo rigore può anche scoraggiare l’accesso alla nautica per chi è alle prime armi.

Il Regno Unito — e per estensione chi sceglie i percorsi dell’ICC o della RYA — mostra che la formazione privata può funzionare, ma solo all’interno di una rete ben consolidata e con una comunità nautica abituata a regole condivise. Senza questo contesto, il passaggio dalla patente statale a certificati associativi rischia di generare disomogeneità, dubbi sulla qualità e potenziali problemi di sicurezza.

Il caso tedesco apre uno spazio alla riflessione: liberalizzare la nautica può significare maggiore accessibilità, ma solo se accompagnata da cultura marinaresca, formazione seria e standard rigorosi. In caso contrario, chi va per mare rischia di pagare il prezzo di una semplificazione frettolosa. Una semplificazione che però qualora si dovesse riuscire a fare nelle giuste condizioni sarebbe da accogliere con favore.

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