
In laguna l’acqua non è solo via di trasporto per residenti e turisti: sempre più spesso i trafficanti la scelgono come rotta “discreta” per muovere stupefacenti. L’ultimo caso arriva da Venezia, dove padre e figlio sono stati arrestati dopo il sequestro di oltre un chilo di cocaina nascosto a bordo di un’imbarcazione e di armi trovate in casa.
L’operazione, avvenuta giovedì 16 ottobre, ha fermato due imbarcazioni che procedevano in laguna su rotte coordinate. A bordo si trovavano Massimo Marconi, 66 anni, e il figlio Alessio, 42, già noti alle forze dell’ordine. Nel vano di una barca i militari hanno rinvenuto un involucro sigillato con oltre un chilogrammo di cocaina. Entrambi i natanti sono stati posti sotto sequestro.
Le perquisizioni domiciliari hanno fatto emergere ulteriori elementi: una pistola con matricola abrasa, 14 cartucce calibro 9 Parabellum occultate dietro una parete, altre 27 munizioni dello stesso calibro, una cartuccia 7,65 e due fucili da caccia regolarmente detenuti ma ritirati in via cautelare.
Perché i trafficanti scelgono le barche
Il caso veneziano conferma un trend: i natanti sono ritenuti dai criminali mezzi particolarmente adatti al trasporto di droga. Traffico nautico intenso, canali minori, approdi diffusi e controlli meno frequenti rispetto alla rete stradale rendono le acque interne e costiere un ambiente favorevole per i tentativi di eludere la vigilanza. La risposta delle forze dell’ordine si sta spostando sempre più sull’acqua, con pattugliamenti mirati e attenzione alle rotte “secondarie”.
Le accuse
Padre e figlio sono stati condotti in carcere con le accuse di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi e munizioni e ricettazione. Le indagini proseguono per ricostruire canali di approvvigionamento e destinazioni della droga.
Il segnale per la città
Per Venezia, città complessa e fragile sul piano logistico, il mare è risorsa e sfida. La laguna, con le sue diramazioni, può essere usata per nascondere movimenti illeciti: monitoraggio, intelligence e collaborazione con chi vive l’acqua ogni giorno diventano decisivi. L’operazione in laguna non è solo cronaca, ma un promemoria: le barche sono ormai parte delle catene del narcotraffico e il contrasto passa anche dal presidio delle vie d’acqua.
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