
A poco più di un anno dal drammatico naufragio del Bayesian, il superyacht affondato il 19 agosto 2024 nella baia di Porticello durante una tempesta improvvisa, emergono nuove dichiarazioni destinate a riaccendere il dibattito sulle cause del disastro. Dichiarazioni rilasciate dal marinaio Mattew Griffiths, l’uomo che era di guardia quella notte.
La testimonianza di Mattew Griffiths
Il ragazzo, poco più che ventenne, nelle prime ore dopo il naufragio dichiarò alla Procura di Termini Imerese – secondo alcuni mezzi di stampa ben informati – di sentirsi colpevole di quanto accaduto perché non aveva compreso per tempo la gravità della situazione e, di conseguenza, ritardò a svegliare il comandante che, una volta arrivato in plancia, non ebbe più modo di fare nulla per salvare la nave. Sempre Griffiths, riporta questa volta il MAIB, l’ente investigativo britannico sugli incidenti marittimi, ha detto che i portelli di poppa erano aperti e che lui intervenne troppo tardi per chiuderli.
Il ruolo dell’errore umano
Se queste informazioni sono vere, si comprende perché la procura di Termini Imerese sia così determinata a seguire la pista dell’errore umano. Resta comunque inspiegabile come uno yacht di 56 metri, una delle cinquanta barche più grandi del mondo, non avesse sistemi di allarme – come sembra abbia fatto notare lo stesso Griffiths – per segnalare un ingresso anomalo d’acqua. Se quei portelli lasciati aperti e chiusi solo in un secondo momento hanno realmente contribuito ad affondare il Bayesian, di acqua ne deve essere entrata molta e per diverso tempo. Perché allora non è scattato alcun allarme?
Il rapporto MAIB e i dubbi ancora aperti
Il documento preliminare del Marine Accident Investigation Branch, pubblicato a maggio 2025, sottolineava già come il Bayesian fosse vulnerabile a venti oltre i 63 nodi se lasciato con la chiglia sollevata. Oltre quella soglia si sarebbe sdraiato sull’acqua e, una volta superati i 76° di sbandamento, non sarebbe più tornato in posizione eretta. Una soglia di instabilità che, secondo il precedente comandante dello yacht, Stephen Edwards – in carica dal 2015 al 2020 – doveva necessariamente essere nota all’attuale comandante, James Cutfield.
Sarebbe in effetti singolare che un capitano non si informi su tutti i rischi legati a un’imbarcazione così complessa: un veliero di 56 metri con un albero di 75 metri richiede inevitabilmente maggiori attenzioni, soprattutto sul piano della stabilità.
Un mosaico di fattori tecnici e umani
La testimonianza di Griffiths aggiunge un tassello importante al mosaico dell’inchiesta: conferma che, in mare, la linea sottile tra sicurezza e tragedia dipende spesso da una combinazione di fattori tecnici e umani. E che l’errore di un singolo, in condizioni estreme, può bastare a condannare anche la barca più avanzata.
© Riproduzione riservata