
Dalin a gennaio di quest’anno ha vinto il Vendée Globe in soli 64 giorni, ma aveva uno scomodo compagno di viaggio: un tumore allo stomaco, e nessuno lo sapeva sino ad ora.
Nel gennaio 2025 Charlie Dalin ha conquistato la decima edizione del Vendée Globe, la regata in solitario non-stop attorno al mondo, con un tempo record di 64 giorni, 19 ore, 22 minuti e 49 secondi. Questo da solo sarebbe già un traguardo eccezionale, ma la storia assume una dimensione ancora più profonda ora che si è appreso che Dalin ha affrontato tutta la regata mentre era sotto trattamento oncologico.
Solo nell’ottobre 2025, a distanza di molti mesi dalla vittoria, ha reso pubblica la sua malattia: un tumore gastrointestinale che gli era stato diagnosticato nell’autunno del 2023. Nei mesi precedenti la partenza, Dalin aveva attraversato fasi difficili: l’operazione chirurgica, recidive, effetti collaterali dei trattamenti, perdita di peso e stanchezza cronica. Eppure ha deciso di partire e di rimanere sotto terapia durante l’intera regata, gestendo medicinali quotidiani, sonno frammentato e momenti di grande fatica. La vela, racconta, è stata per lui un’àncora, qualcosa su cui concentrare l’energia e allontanare i pensieri dell’“altro nemico” dentro di sé.
L’origine del male, la diagnosi, i dubbi
Nel tardo 2023, durante una sessione di allenamento, Dalin avvertì dolori addominali persistenti e un calo di peso. Dopo accertamenti urgenti, fu scoperto il tumore: un nodo lungo circa 15 centimetri legato all’intestino tenue. Nel febbraio 2024 fu operato, ma già ad aprile la malattia si manifestò nuovamente. La reazione iniziale fu di sconvolgimento e incredulità: Dalin si descrive come una persona “in forma, che non fuma e non beve”, e chiedersi “perché a me?” fu inevitabile.
Col tempo accettò che questa sfida faceva parte della sua vita e decise di non rinunciare al suo sogno oceanico. Solo la sua famiglia e poche persone fidate erano a conoscenza della diagnosi: non voleva che la malattia diventasse l’unico filtro attraverso cui gli altri giudicassero la sua impresa.
Affrontare il Vendée Globe è già di per sé un’impresa sovrumana: mesi di navigazione in solitario, poco sonno, condizioni estreme e decisioni continue. Farlo con un corpo provato da una malattia sistemica e una terapia in corso è qualcosa di quasi impensabile.
Dalin ha raccontato che in molti momenti della regata non pensava al tumore: “Ero felice in mare”, ha detto. Ma la consapevolezza era sempre presente. Ogni crampo, ogni fastidio, ogni zona di fatica poteva essere una spia. Ha dovuto modulare il suo programma di sonno, concedersi pause strategiche e rinunciare a ottimizzare ogni dettaglio. Alcune notti dormì anche undici ore consecutive — un lusso raro e pericoloso in questa competizione.
Durante la gara ha accettato che non era più lui a controllare tutto: la malattia e i suoi limiti hanno condizionato strategie, tempi e scelte. Eppure, nonostante tutto, Dalin ha mantenuto un livello di competitività altissimo, ha preso decisioni audaci nelle zone difficili e ha resistito ai rivali più agguerriti. Alla fine, oltre a vincere, ha stabilito un nuovo record della regata, superando di oltre nove giorni il primato precedente stabilito da Armel Le Cléac’h.
Dopo il traguardo: vittoria, fragilità, futuro incerto
Quando ha tagliato la linea d’arrivo a Les Sables d’Olonne, la gioia è stata immensa. Ma dietro quel sorriso c’era la consapevolezza che la battaglia non era finita. Dopo la gara ha proseguito le cure, ha perso circa dieci chili e ha faticato a recuperare la massa muscolare. Oggi il tumore è stabilizzato ma non scomparso. Dalin ha spiegato che probabilmente non potrà partecipare al prossimo Vendée Globe, perché le esigenze del corpo e le terapie rendono l’impresa troppo rischiosa.
Tuttavia, non abbandona la vela: spera di rientrare in competizioni più brevi se il fisico glielo permetterà. Nel suo libro La Force du Destin racconterà tutta la sua esperienza — non solo come atleta, ma come uomo — con la speranza che la sua vicenda possa dare forza e visibilità a chi vive una battaglia simile. “Essere tornato alla partenza del Vendée Globe era già una vittoria in sé; vincerlo dopo tutto, è stata una doppia vittoria”, ha dichiarato.
Quella di Dalin non è solo la storia di un velista che ha vinto la regata più dura del mondo: è la storia di un uomo che ha duellato con il mare e con la malattia, dimostrando che si può continuare a navigare anche quando il vento soffia contro dentro di sé.
© Riproduzione riservata