
Ventidue anni dopo l’ultima edizione, l’Admiral’s Cup è tornata a brillare nel calendario della vela internazionale. Una regata leggendaria, per decenni considerata la “Coppa del Mondo della vela d’altura”, che ha visto protagoniste le migliori squadre nazionali del mondo e che oggi potrebbe restituire all’Italia una storica soddisfazione. La squadra italiana, guidata dal team Django e iscritta sotto le insegne dello Yacht Club Costa Smeralda, è terza in classifica generale e coltiva l’ambizione – concreta, ma tutta da guadagnare – di risalire fino al podio. O magari, chissà, compiere l’impresa e puntare alla vittoria.
Una classifica ancora aperta
Il ritorno dell’Italia tra i protagonisti è legato a doppio filo alla Fastnet Race, la regata chiave del programma dell’Admiral’s Cup. Un evento che nel mondo della vela vale quanto Wimbledon per il tennis o Le Mans per l’automobilismo: 695 miglia di mare vero, con partenza da Cowes e arrivo a Cherbourg, attraversando il Canale della Manica e girando il mitico Fastnet Rock, lo scoglio simbolo della regata al largo della costa meridionale irlandese. La sua importanza in classifica è determinante: la prova ha coefficiente 3, il che significa che ogni piazzamento vale triplo rispetto alle regate precedenti. In altre parole: la classifica è ancora tutta aperta.
La squadra italiana è composta da due barche. Da una parte c’è il velocissimo Wallyrocket51, che ha dominato il gruppo 1 vincendo una prova costiera e piazzandosi secondo nella Channel Race. Dall’altra, il JPK1180, in gara nel gruppo 2, ha faticato di più, penalizzato nelle regate inshore da avversari più leggeri e aggressivi come i Fast 40 (Ker 40, GP42 e simili). Ma sulla lunga distanza, i valori potrebbero cambiare radicalmente.
Fastnet Race: la regata che può ribaltare tutto
23 punti di distacco separano attualmente l’Italia dal vertice della classifica, guidata dal Royal Hong Kong Yacht Club, seguito dallo Yacht Club de Monaco. Sembrano tanti, ma nella Fastnet basta un errore o un colpo di genio per ribaltare tutto. Una vittoria in questa regata può valere oro e una posizione in fondo al gruppo può compromettere mesi di preparazione. Il primo classificato prende 3 punti, l’ultimo ben 45: è facile intuire quanto il margine possa restringersi o allargarsi nel giro di una notte.
A rendere la sfida ancora più incerta ci penserà il meteo. Le previsioni parlano di venti dai quadranti settentrionali, il che significa una lunga bolina verso l’Irlanda e, al ritorno, andature portanti fino a Cherbourg. Uno scenario impegnativo per i velisti, ma favorevole al JPK, che su percorsi lunghi e complessi può far valere il proprio rating IRC e recuperare i punti persi nelle regate brevi.
Un sogno che parte da lontano
L’unica vittoria italiana nella storia della Fastnet Race risale al 1983, quando Brava, barca armata dal napoletano Pasquale Landolfi e timonata da un giovanissimo Paul Cayard, si impose in una delle edizioni più dure della storia. Era un’epoca diversa, ma il mito resta. E per molti, tornare oggi sul podio dell’Admiral’s Cup significherebbe rendere omaggio a quella tradizione, proiettandola nel futuro.
L’impresa non sarà facile. I rivali sono agguerriti, l’esperienza conta, e i margini di errore sono minimi. Ma il team Django ha dimostrato di avere qualità, coesione e barche competitive. Se la Fastnet Race dovesse sorridere al tricolore, nulla sarebbe precluso.
L’Italia della vela torna così a inseguire un sogno. Dopo anni di assenza, risalire sul podio dell’Admiral’s Cup sarebbe più di un risultato sportivo: sarebbe un segnale forte, un ritorno d’orgoglio per un movimento che vuole tornare a brillare anche oltre l’America’s Cup.
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