
Il team di vela guidato da Giovanni Soldini per conto di Ferrari potrà issare la bandiera italiana sul nuovo prototipo da regata oceanica in costruzione: una barca fuori da ogni standard, nata per innovare, che fino a pochi giorni fa rischiava però di dover navigare con bandiera straniera. La svolta è arrivata il 5 agosto 2025, quando un emendamento approvato alla Camera dei Deputati ha colmato un vuoto normativo che penalizzava l’intero settore della vela tecnologicamente avanzata.
Il caso è emblematico e racconta molto più di quanto sembri. Racconta la difficoltà del sistema normativo italiano ad accogliere l’innovazione quando questa esce dagli schemi, ma racconta anche che – quando vuole – la politica può intervenire in modo rapido, concreto e risolutivo. E se questo livello di attenzione fosse applicato anche ad altri problemi che affliggono da anni il comparto nautico, i margini di crescita del settore sarebbero enormi.
Il progetto si chiama Ferrari Hypersail, e consiste in un’imbarcazione da regata oceanica di 100 piedi, full-foiling, con chiglia basculante e alimentata esclusivamente da fonti rinnovabili. Si tratta di una barca ad altissima complessità tecnica, costruita con soluzioni mutuate dal mondo dell’automotive, che fin da subito si è configurata come prototipale e sperimentale.
Ed è qui che è emerso il problema: la barca non rientra nei parametri della direttiva europea 2013/53/UE, la cosiddetta normativa CE che regola il diporto nautico. In Italia, in assenza di una categoria ad hoc per i prototipi da regata, ciò significa che non può essere immatricolata.
Il paradosso è evidente: un progetto nato in Italia, sviluppato da un team italiano e pensato per promuovere l’innovazione nautica del nostro Paese non avrebbe potuto navigare con il tricolore a poppa. L’unica alternativa concreta sarebbe stata l’immatricolazione in Francia, dove esiste una maggiore flessibilità normativa per i prototipi da competizione.
Un emendamento che cambia le regole
Per evitare questa beffa, alcuni parlamentari hanno presentato un emendamento al decreto-legge “Sport”, che è stato approvato dalla Camera lo scorso 5 agosto. Il testo introduce una deroga specifica per le imbarcazioni da regata non conformi alla normativa CE, consentendone l’iscrizione nei registri italiani a determinate condizioni.
In particolare, la norma prevede che:
- le barche da regata destinate a competizioni internazionali possano essere immatricolate anche senza marcatura CE, purché rispettino le norme di sicurezza applicabili allo scopo d’uso;
- i prototipi già registrati all’estero possano essere reimmatricolati in Italia in via semplificata se progettati, costruiti o gestiti da team italiani;
- la norma si estenda anche alle unità sperimentali destinate alla ricerca e allo sviluppo in ambito nautico.
Una modifica semplice ma decisiva, che permette di superare un blocco regolatorio inadeguato ai tempi e restituisce piena coerenza al progetto Ferrari Hypersail.
Il fatto che Hypersail possa ora navigare con bandiera italiana è molto più di un dettaglio simbolico. Significa che l’intero percorso di sviluppo, testing e gestione del prototipo potrà restare ancorato al nostro Paese, generando occupazione, indotto tecnologico e ritorni economici. Significa che l’Italia, in questo caso, si è dotata degli strumenti per trattenere valore, invece di lasciarlo andare altrove.
Significa anche che la nostra filiera nautica – dai progettisti ai cantieri, dai fornitori di componentistica alle imprese di elettronica e materiali – può contare su un riferimento normativo che consente di competere nei settori più avanzati e meno standardizzabili.
La vera notizia, tuttavia, è che tutto questo è stato fatto in tempi rapidi. Un’esigenza reale è stata riconosciuta, ascoltata e tradotta in un provvedimento efficace in pochi mesi. Questo dimostra che, quando c’è attenzione e volontà, anche la macchina istituzionale può muoversi con efficienza.
Il caso Hypersail dimostra che la burocrazia non è un destino. E che la politica – se lavora con concretezza e senza strumentalizzazioni – può davvero essere uno strumento di progresso, anche per settori altamente specializzati come la nautica da regata.
Ma c’è anche un altro aspetto, più critico, da sottolineare: perché serve un progetto con un nome altisonante per ottenere ascolto? Perché altri problemi del comparto, che da anni attendono risposte – dalla gestione delle concessioni demaniali alle regole sulla locazione e il noleggio, dalla fiscalità incerta alla mancanza di una strategia nazionale per la nautica – non ricevono la stessa attenzione?
Un comparto che può crescere, se aiutato
La nautica italiana ha un potenziale ancora ampiamente inespresso. Nonostante le eccellenze nei cantieri, nel design e nella componentistica, continua a crescere, specialmente, nel mercato domestico, a ritmi più lenti di quanto potrebbe. Le occasioni perse, spesso, non dipendono dalla mancanza di idee o di imprenditorialità, ma da vincoli normativi, ritardi autorizzativi e regole pensate per un’altra epoca.
Il caso Ferrari-Soldini è una buona notizia. Ma anche un promemoria: l’attenzione politica funziona, se è accompagnata da competenza, ascolto e rapidità. E se questo livello di attenzione fosse messo a sistema, anche per le questioni meno mediatiche, la nautica potrebbe diventare uno dei settori trainanti dell’economia nazionale.
Nel 2026 vedremo Hypersail volare sugli oceani con la bandiera italiana. È una conquista importante. Ma la vera sfida è far sì che non resti un’eccezione.
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