
Quest’anno, più che mai, riceviamo decine di segnalazioni da parte di velisti indignati per il pagamento di contributi imposti dai comuni rivieraschi non solo per ancorarsi, ma in alcuni casi addirittura solo per navigare.
A guidare la classifica delle proteste è l’isola di Ponza, che raccoglie circa tre volte il numero di lamentele rispetto alla seconda classificata, Capri.
Il caso Ponza: 3 euro al metro per servizi assenti
A Ponza, si paga 3 euro per metro lineare al giorno. Il Comune giustifica questo costo definendolo una “tassa ambientale”, destinata alla salvaguardia della Posidonia oceanica, al miglioramento del porto e al potenziamento del servizio rifiuti.
Il problema? Secondo i nostri lettori, nessuno controlla realmente la Posidonia, non esistono divieti di ancoraggio nelle zone dove cresce e non ci sono campi boa per proteggerla, che sarebbero l’unico vero sistema efficace. Ma i campi boa costano e si vedono. Dunque, se si dicesse chiaramente che la tassa serve a installare boe, poi bisognerebbe metterle davvero.
Il Comune afferma anche che i fondi servirebbero a migliorare i servizi portuali. Peccato che a Ponza non esista un porto per il diporto: l’unico porto comunale è riservato ai pescatori e ai corpi dello Stato. Non è corretto chiedere ai diportisti di contribuire al miglioramento di un’infrastruttura che non possono utilizzare.
Infine, si sostiene che la tassa serva a potenziare il servizio rifiuti. Tuttavia, nessun velista ha notato bidoni aggiuntivi né operatori che ritirino i rifiuti direttamente a bordo.
Il termine “tassa” implica il pagamento di un corrispettivo in cambio di un servizio. Se il servizio non esiste, allora si tratta di qualcos’altro.
Un problema diffuso anche altrove
Ponza non è un caso isolato. In diverse località italiane sembra quasi che le autorità abbiano preso di mira il mondo della vela.
Un esempio: il TAR della Sardegna ha recentemente stabilito che i diportisti possono sostare anche di notte alle boe del Parco dell’Arcipelago della Maddalena. Il direttore del parco, lo scorso anno, aveva deciso – forse dopo una cena pesante – che di notte nessuno avrebbe dovuto restare all’interno dell’area protetta. L’unica alternativa, a quel punto, era entrare in un marina privato. Risultato? Nessun vantaggio per l’ambiente, solo costi aggiuntivi per i velisti.
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