
Nonostante il ribaltamento della barca Kiwi durante la seconda regata di questa semifinale avesse obbligato il team a lavorare per un giorno e due notti incessantemente per riparare i danni che la barca aveva subito e l’impossibilità di testare le riparazioni, Peter Burling, il timoniere ventiseienne dei neozelandesi, ha affondato sull’acceleratore badando sempre a non superare il imiti di un rischio troppo elevato. Burling ha condotto ETNZ senza mai avere paura, mentre i ciclisti hanno pedalato oltre i limiti fisici dando la possibilità allo skipper di effettuare le manovre in tempi ristrettissimi.
Alla fine a Ainslie non è rimasto che ammettere, con la sua usuale eleganza, la sconfitta e fare i complimenti ai suoi avversari riconoscendo il valore della loro invenzione che ha visto le manovelle dei grinder sostituite dai pedali di 4 biciclette per scafo
Nel dopo gara, Matteo de Nora, il presidente di team Emirates Team New Zeland, racconta di come tutti si stupissero perché il suo team aveva scelto di regatare proprio contro la barca di Ainslie che era considerato uno dei grandi favoriti. Scelta che, però, era dettata dalla convinzione che Ainslie anche se dotato di un budget molto importante aveva una barca che non era all’altezza della situazione e per loro era la preda più debole, quindi, quella da colpire per prima. Come hanno dimostrato i fatti la supposizione dei Kiwi era quella giusta.
Ora i neozelandesi dovranno aspettare che si svolga l’ultima regata dell’altra semifinale, quella tra Svezia e Giappone, per capire chi dovranno sfidare per cercare di conquistare la Louis Vuitton Cup che gli darà la possibilità di incontrare Oracle per cercare di portargli via la Coppa.
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