sabato 2 agosto 2025
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Il velista Carlo D’Attanasio assolto dopo 5 anni in carcere in Papua Nuova Guinea

Assolto Carlo D’Attanasio: il velista italiano era detenuto dal 2020 in Papua Nuova Guinea. Ora è libero, ma gravemente malato e attende il rimpatrio.

Carlo D’Attanasio a bordo della sua barca durante il giro del mondo a vela, prima dell’arresto in Papua Nuova Guinea.
Carlo D’Attanasio a bordo della sua barca durante il giro del mondo a vela, prima dell’arresto in Papua Nuova Guinea.
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Dopo quasi cinque anni di reclusione in Papua Nuova Guinea, Carlo D’Attanasio, navigatore oceanico e volto noto nella comunità velica italiana, è stato assolto con formula piena. La notizia è arrivata direttamente dalla Farnesina, per voce del ministro degli Esteri Antonio Tajani: “La Corte d’Appello ha assolto il connazionale Carlo D’Attanasio, disponendo la sua liberazione”.

D’Attanasio, 54 anni, era stato arrestato nel 2020, nel pieno del suo giro del mondo in barca a vela, con l’accusa iniziale di traffico internazionale di stupefacenti, poi trasformata in riciclaggio internazionale. Una vicenda giudiziaria che ha tenuto con il fiato sospeso non solo la sua famiglia, ma anche l’ambiente nautico, dove D’Attanasio era conosciuto per le sue traversate e il suo spirito libero.

Una navigazione interrotta da un incubo giudiziario

Il dramma comincia nel marzo 2020. Dopo aver lasciato l’Italia nel 2019 per un lungo viaggio a vela, Carlo approda in Papua Nuova Guinea. In quei giorni, un aereo si schianta al suolo con a bordo oltre 600 chili di cocaina. La barca del navigatore italiano è in rada a poca distanza dal luogo dell'incidente. È l’inizio di un incubo.

Cinque mesi dopo, senza prove concrete, le autorità lo arrestano. Secondo l’accusa, sarebbe stato lui a trasportare lo stupefacente sull’isola via mare. Ma nessun elemento oggettivo ha mai collegato il velista a quel carico. Nessuna traccia sulla barca, nessuna intercettazione, nessun testimone. Eppure, nel 2023 arriva una condanna a 19 anni di carcere.

Il suo team legale, composto dagli avvocati Mario Antinucci e David Dotaona, denuncia da subito la mancanza di garanzie e l’assenza di un processo equo. L’appello si rivela decisivo: ieri la sentenza di assoluzione, firmata da un collegio guidato dal giudice Cannings, pone fine all’ingiustizia.

Nel frattempo, in carcere, D’Attanasio si ammala. Gli viene diagnosticato un tumore al colon al quarto stadio. Secondo quanto riferito dalla difesa, una massa di 10 centimetri avrebbe dovuto essere rimossa tempestivamente, ma l’ospedale in cui fu inizialmente ricoverato non disponeva delle strutture adeguate.

Gli anni in cella, le cure sommarie, l’isolamento: tutto contribuisce ad aggravare le sue condizioni. I familiari e gli amici, insieme alla diplomazia italiana, tentano in ogni modo di ottenere un rientro umanitario. Lo stesso Tajani firma una richiesta ufficiale nel 2023, rimasta però senza risposta da parte del governo papuano.

Oggi, il velista è ricoverato a Port Moresby, in un ospedale pubblico. Il suo avvocato lancia un appello: “Carlo non può affrontare un volo intercontinentale senza assistenza. Serve un rimpatrio immediato, con personale medico a bordo. Ogni giorno di attesa può essere pericoloso”.

Carlo D’Attanasio non era un navigatore qualunque. Il suo progetto di giro del mondo a vela era il sogno di una vita, realizzato con determinazione e passione. In mare aveva trovato una dimensione autentica, lontano dalle rotte battute. Proprio per questo, la sua storia ha commosso e mobilitato anche il mondo della vela.

La politica si è mossa, ma è stato anche grazie all’impegno di persone comuni, come Carola Profeta, amica di lunga data e attivista a Pescara, che il caso ha avuto risonanza. Profeta racconta un aneddoto toccante: durante una visita di Papa Francesco in Papua Nuova Guinea, un connazionale ha riferito al Pontefice la vicenda di D’Attanasio. Un momento, dice, che ha segnato un punto di svolta.

“Torno a vivere”

All’uscita dal carcere, le parole di Carlo sono piene di commozione: “Sono davvero felice, vi ringrazio tanto di aver avuto fiducia in me. Non smetterò mai di ringraziarvi di aver creduto nella mia innocenza”.

L’avvocato Antinucci parla di una “pagina storica della giustizia penale internazionale”, ricordando come il processo si sia svolto senza accordi bilaterali tra Italia e Papua Nuova Guinea, con una persona gravemente malata detenuta in condizioni durissime.

Resta da definire come e quando il velista potrà tornare in Italia. La Farnesina è al lavoro per organizzare un trasferimento che tenga conto delle sue condizioni sanitarie. Dopo cinque anni di privazione della libertà, il ritorno a casa sarà una nuova sfida, ma anche una rinascita.

Per chi naviga, la libertà non è solo un diritto, ma un orizzonte da inseguire. Oggi, Carlo D’Attanasio è di nuovo un uomo libero, pronto a tornare alla sua vita e, si spera, un giorno anche al mare.

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