Uno skipper interviene per salvare un ragazzo che si è allontanato a nuoto da una barca e non riesce a rientrare. Il ragazzo annaspa e, se lo skipper non fosse intervenuto, le cose si sarebbero messe male.
Dopo aver riportato il malcapitato verso la barca, nuotando sul dorso, e poi a terra per una corsa in ospedale con l’ambulanza, lo skipper è stato attenzionato dalla Capitaneria di Porto che, per premiarlo del salvataggio eseguito, lo ha multato per 3500 euro.
Multato perché non aveva il titolo professionale per svolgere la professione di skipper. Giusto! In fondo se lo merita!, penserete voi. Ma avreste torto.
In Italia la legge per i titoli professionali è stata scritta all’insegna dell’ignoranza più becera.
Una legge assurda che per vent’anni ha penalizzato la nautica italiana. Troppo tardi per questa stagione, nessuno ha avuto il tempo di adeguarsi alla nuova normativa. Il ministro dei trasporti aveva parlato di una sospensione dei controlli, ma le parole non si sono trasformate in fatti e alcuni comandanti della Guardia di Finanza o delle delegazioni di spiaggia della Guardia Costiera continuano a vessare i poveri marittimi che lavorano si e no quattro mesi l’anno e per i quali le multe portano via buona parte del guadagno annuale.
Fortunatamente, il fenomeno riguarda solo alcuni ufficiali al comando di delegazioni di spiaggia o piccole caserme. Uomini ancorati a un passato rigido che mette il militare non al servizio della popolazione ma del regolamento, un passato che fortunatamente, sta lasciando anche le forze armate.
I vertici delle due armi dovrebbero provvedere a rimuovere chi non merita di comandare degli uomini che danno tutto per il loro mestiere e si trovano a vessare chi lavora sapendo che le vittime non potevano fare diversamente.
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