
I dazi fermano la caccia alle balene in Islanda
Dove non sono riusciti gli animalisti in decenni di campagne e proteste, è riuscito Trump, con i suoi dazi, in appena tre mesi. L’Hvalur, l’ultima compagnia baleniera ancora attiva in Islanda – uno dei pochi Paesi, insieme alla Norvegia, a non aver aderito alla moratoria sulla caccia ai grandi cetacei – ha annunciato che quest’anno le sue navi resteranno in porto.
A spingere gli islandesi a sospendere la caccia non sono motivazioni ambientali o etiche, ma ragioni puramente economiche. I dazi introdotti dagli Stati Uniti e l’inflazione in Giappone, il principale acquirente della carne di balena islandese, hanno reso l’attività commerciale troppo instabile.
In un contesto internazionale critico, la possibilità di vendere il pescato con profitto è venuta meno. Per questo motivo, la società ha comunicato ai propri lavoratori che quest’anno non ci sarà stagione di caccia.
Kristjan Loftsson, CEO dell’Hvalur, ha spiegato a un’emittente americana: “Per come ci appare la situazione, non vediamo altra opzione che restare fermi e aspettare tempi migliori. La situazione verrà riesaminata l'anno prossimo”.
La notizia ha fatto rapidamente il giro del mondo, e tra i primi a commentarla con entusiasmo ci sono stati gli attivisti di Sea Shepherd, che da anni si oppongono attivamente alla caccia ai cetacei.
In modo ironico, hanno brindato alla decisione ringraziando proprio Mr. Trump, che – seppure involontariamente – ha ottenuto ciò che loro avevano sempre cercato: fermare le baleniere islandesi.
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