La storia legale della morte di Donatella Friani, 49 enne del comune veneto di Spinea, è giunta a conclusione con una sentenza che stabilisce, per la sua morte in mare avvenuta il 24 ottobre del 2014, un maxi risarcimento a favore dei congiunti.
Lo studio legale Studio 3° che ha seguito i familiari di Donatella Friani sino alla sentenza definitiva non ha voluto svelare l’entità della somma riconosciuta ai parenti, ma ha parlato di una somma molto vicina ai massimi previsti per legge.
La storia di Donatella è la storia di una donna che muore in mare cadendo da una barca a motore per cercare di riportare in pozzetto il suo cane, dovuta principalmente alla superficialità dello skipper della barca un uomo, all’epoca dei fatti 65 enne, che con la sua irresponsabilità ha segnato il destino di una persona, irresponsabilità che gli è valsa una condanna a soli 6 mesi di reclusione, mai scontati grazie alla condizionale.
Era il 24 ottobre del 2014 quando G.R., skipper e armatore di Jennifer, scafo a motore di media potenza, dopo aver cenato a bordo della barca ormeggiata in una darsena nel fiume Brenta in compagnia di Donatella Friani, mamma di due ragazzi che era a bordo con il suo cane, decise di prendere il mare per tornare a Venezia.
Era notte fatta, il mare era grosso e tirava bora, ma l’uomo non si preoccupò dei potenziali pericoli di una navigazione con quelle condizioni meteo avverse fatta di notte.
Arrivati all’altezza di Sottomarina, verso la mezzanotte, il cane di Donatella si era avventurato a prua e lei lo voleva recuperare perché aveva paura che cadesse in mare.
Donatella abbandonò il pozzetto dopo che lo skipper aveva ridotto notevolmente la velocità per abbassare il livello di rischio, comunque alto, di una manovra di quel tipo fatta di notte.
Donatella andò a prua e recuperò il cane e con questo in braccio provò a tornare in pozzetto. Quando era ancora sul passavanti, l’uomo decise di ripartire e diede gas, la barca accelerò e la donna cadde fuori bordo con il suo cane.
Donatella avendo il cane in braccio e le mani occupate non aveva nessuna possibilità di tenersi ai tientibene, bastò un’onda combinata con la velocità della barca per farla finire in mare.
L’uomo cercò di rintracciare la donna, ma inutilmente. Il corpo di Donatella e del cane furono recuperati dalla Guardia Costiera poche ore dopo.
Da allora si aprì un lungo calvario legale. Da prima la famiglia chiese che si accertasse la dinamica dei fatti facendo anche pressione sul PM perché arrivasse a una conclusione. G.R. fu incriminato e portato a processo dove patteggiò una pena di sei mesi, di cui non scontò neanche un giorno per via della condizionale.
Dopo la sentenza penale si aprì la causa civile resa complessa dal fatto che la barca non era assicurata; G.F. per risparmiare qualche soldo aveva sospeso l’assicurazione nel periodo invernale, ma pur sapendo di voler usare la barca, non l’aveva riattivata.
I familiari si sono quindi dovuti rivolgere al Fondo Vittime della Strada che aveva come compagnia referente la Generali.
Questa si rifiutò di riconoscere il danno dichiarando che non si trattava di incidente nautico dovuto al conducente del mezzo, ma poi la sentenza penale la smentì.
Alla fine dopo un lungo calvario durato 8 anni tra penale e civile, la storia legale di Donatella Friani si è conclusa in questi giorni con la condanna da parte del Tribunale di Milano a quello che tutti hanno descritto come un maxi risarcimento di quelli che si vedono poche volte nelle aule dei tribunali.
Nessuno ha voluto svelare, per rispetto alla famiglia, l’entità del risarcimento.
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