L’UE accusava il nostro paese di non rispettare le regole a tutela della concorrenza imposte dal diritto comunitario. Adesso arriva una decisione definitiva, con la sentenza che recita:“Dal giorno successivo (alla scadenza di dicembre 2023 n.d.r.) non ci sarà alcuna possibilità di proroga ulteriore, neanche per via legislativa, e il settore sarà comunque aperto alle regole della concorrenza…la perdurante assenza (nonostante i ripetuti annunci di un intervento legislativo di riforma, mai però attuato) di un’organica disciplina nazionale delle concessioni demaniali marittime genera una situazione di grave contrarietà con le regole a tutela della concorrenza imposte dal diritto dell’UE, perché consente proroghe automatiche e generalizzate delle attuali concessioni (l’ultima, peraltro, della durata abnorme, sino al 31 dicembre 2033), così impedendo a chiunque voglia entrare nel settore di farlo”.
Una sentenza che lascia pochi margini di interpretazione e che ovviamente non è piaciuta alla Federbalneari Italia, la quale ha comunicato con una dichiarazione del Presidente Marco Maurelli che si riserverà di fare ulteriori valutazioni legali sul caso.
Il pressing dell’UE sull’Italia è datato 2006, quando con la Direttiva Bolkenstein l’Italia venne sollecitata a liberalizzare le concessioni pubbliche organizzando gare periodiche, internazionali, che garantissero la libera concorrenza.
L’auspicio è che questa sentenza provochi un miglioramento del servizio per il nostro turismo balneare, con il giusto equilibrio lungo le spiagge tra zone libere e altre date in concessione ai privati.
Non è un mistero che in alcune regioni italiane, come l’Emilia Romagna e la Liguria, i tratti di spiaggia pubblica siano stati quasi interamente “cannibalizzati” dalle concessioni private decennali.
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