
Scopri le differenze tra drizze in acciaio e tessili per barche a vela: prestazioni e materiali a confronto. Leggi l'articolo completo.
L'evoluzione dei materiali delle drizze
Fin dai tempi dei galeoni le drizze venivano usate per issare le varie vele. Inizialmente erano realizzate con le classiche “corde” a tre legnoli di fibre naturali. Nei primi decenni del 1800, Wilhelm August Julius Albert, ingegnere minerario (Hannover 1787 – Klausthal 1846), inventò le funi metalliche, con trefoli e fili avvolti nello stesso senso, che impiegò inizialmente nell’industria mineraria. Con il tempo poi furono usate anche a bordo delle barche a vela per sartie e drizze.
Questo passaggio è stato di portata storica perché ha permesso di ridurre notevolmente il diametro dei cavi usati, risparmiando peso e guadagnando in maneggevolezza. Il problema che si poneva era come bloccare la drizza in acciaio, chiaramente non si poteva dare volta intorno a una galloccia. Per questo motivo fondamentale fu l’invenzione del winch “captive” che permetteva di avvolgere sulla sua campana il cavo della drizza bloccandolo attraverso i propri ingranaggi. Poi ci furono diversi decenni di stasi dove le drizze furono realizzate interamente con cavi d’acciaio. I verricelli venivano per lo più montati sull’albero rendendo quindi le operazioni di issata e ammainata delle vele abbastanza scomode.
Lo step successivo (intorno agli anni Sessanta) fu quello dell’introduzione della drizza mista di cavo d’acciaio con la coda in tessile. Le cime non avevano ancora una robustezza pari all’acciaio e vennero quindi usate solo nella parte terminale della drizza che usciva dall’albero per poterle deviare su un classico winch a campana in coperta e bloccarle su una galloccia.
Negli anni successivi la ricerca sui mat
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