venerdì 8 novembre 2024
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A Milano un giardino intitolato a Ambrogio Fogar

Il comune lombardo riconosce il valore del suo concittadino intitolandogli un giardino in zona 6

Ambrogio Fogar a bordo del Suprise
Ambrogio Fogar a bordo del Suprise
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Milano – Il comune di Milano ha intitolato un giardino posto tra Corso Cristoforo Colombo e Viale Gabriele D’Annunzio al navigatore ed esploratore Ambrogio Fogar.

Con questo atto il comune ha inteso riconoscere il valore delle imprese e della vita di Ambrogio Fogar nato a Milano nel 1941. Il navigatore, conosciuto a tutti i velisti e a coloro che amano l’avventura, ha raggiunto la notorietà per le sue navigazioni in anni in cui anche una traversata atlantica era ancora un’impresa, compiendo il giro del mondo al contrario (da est a ovest) in solitaria a bordo del suo Surprise ( primo italiano ad aver portato a termine l’impresa).

Nel 1978 parte per tentare la circumnavigazione dell’Antartide, a bordo con lui, il giornalista Mauro Mancini che lo avrebbe dovuto accompagnare sino a Ushuaia da dove il navigatore avrebbe continuato da solo. Al largo delle coste Argentine, il 18 febbraio, un gruppo di orche attacca la barca e crea una falla vicino al timone, sembra una cosa gestibile, ma quando il giorno dopo le orche tornano e sferrano un nuovo attacco, per il Surprise non c’è salvezza, le teste dei cetacei lanciate a velocità sfondano lo scafo e la barca affonda in pochi minuti, giusto il tempo di mettere in mare l’autogonfiabile e il tender e prendere pochi viveri.

L’odissea di Fogar e Mancini dura sino al 2 aprile quando, un cargo greco, il Master Stephanos, li recupera. Entrambi sono esausti, Mancini ha difficoltà a parlare in preda a una forte febbre. Senza forze e difese, il giornalista muore due giorni dopo a bordo della nave.

La morte di Mancini scatena un mare di polemiche alle quali Fogar non è nuovo. In quel periodo in Italia sembra ci sia la corsa a dimostrare che Fogar sia un impostore e che le sue avventure siano tutte false.

Ma Fogar continua e sfida il Polo cercando di raggiungerlo a piedi in compagnia di Armaduk, il suo cane siberiano. Perso su un pezzo di banchisa alla deriva è costretto a usare un aereo che gli permette di coprire 180 chilometri per rimetterlo sulla rotta che lo porterà al Polo e anche qui altre polemiche.

Alla fine, nel settembre del 1992 ha un gravissimo incidente durante il raid automobilistico Pechino-Parigi e rimane quasi totalmente paralizzato. Morirà nel 2015 per infarto cardiaco.

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