La nave della Costa Crociere, la Concordia, comandata da Francesco Schettino, dopo aver speronato uno scoglio sommerso per fare l cosiddetto “inchino”, si ferma contro la scogliera antistante il porto dell’isola del Giglio. Nell’urto con lo scoglio contro il quale la nave si fermerà per sempre, si inclina di diversi gradi ed è in quel momento che la maggior parte delle 32 vittime perde la vita.
E’ caos, ordini contrastanti a bordo della nave seminano il panico. Il comandante, che per quel gesto diventerà simbolo stesso della vigliaccheria, fugge e si mette in salvo per primo e, nonostante la telefonata con il comandante De Falco della Capitaneria di Porto che gli intima di ritornare a bordo per coordinare le operazioni di evacuazione della nave, rimane a terra, al sicuro.
Ieri, in processione, gli abitanti del Giglio e coloro che sono arrivati da fuori, sono scesi lungo le strade dell’isola per ricordare tutto questo.
Quel naufragio ha cambiato la vita degli isolani che per anni hanno convissuto con il relitto del gigante di acciaio che spettava che si compisse una delle operazioni di recupero più difficili di sempre.
Su quell’isola rimane il ricordo delle 32 persone che non ce l’hanno fatta, uomini e donne innocenti che per colpa della superficialità e arroganza di un uomo che oggi, fortunatamente, è stato messo fuori dalla società e non è più in grado di nuocere a nessuno, hanno perso la vita.
Su quest’isola, quella notte, è rimasta anche la reputazione di una marineria, quella italiana, piena di esempi di professionalità e coraggio, che però, per colpa di uno e uno soltanto, si è macchiata d’infamia.
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