
Ripresisi da poco dai colpi subiti nella crisi del 2008-2012, con la pandemia di Coronavirus, le società del charter stanno rischiando di perdere l’80% del fatturato nel 2020 e ricadere quindi in una crisi profonda dalla quale molte aziende non avranno la possibilità di riprendersi.
La grande maggioranza dei clienti delle società di charter sono stranieri. Questi all’insorgere della pandemia hanno già disdetto le loro prenotazioni o le hanno posticipate al prossimo anno. Parte della stagione, marzo, aprile e maggio, è già andata perduta totalmente e se non si farà qualcosa velocemente si rischia di perdere anche la parte rimanente.
Le società di charter sono attive nel turismo e avrebbero lo stesso diritto che hanno le altre aziende turistiche ad avere delle sovvenzioni a fondo perduto o comunque facilitazioni fiscali, ma, purtroppo, per una ragione non comprensibile, queste non sono considerate aziende turistiche, quindi non possono accedere ai fondi per il turismo.
Non solo ma, a causa di un’interpretazione più restrittiva di una norma europea, l’IVA applicata al nolo che fino ad ora era dell’11%, dovrà passare al 22%, misura che, già di per se stessa, sarebbe sufficiente a mettere fuori gioco le società di charter italiane a favore di quelle spagnole, francesi e croate che hanno un IVA più bassa.
Le società di charter chiedono alle Regioni di appartenenza di essere riconosciute quali aziende turistiche e di avere quindi la possibilità di accedere ai finanziamenti a fondo perduto che gli permetterebbero di superare questo difficilissimo momento.
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