In questo articolo scoprirai come si costruisce una barca in vetroresina, quali materiali vengono usati e come si assembla. Elementi fondamentali per poter giudicare il rapporto tra qualità e prezzo.
Sapere come è costruita un’imbarcazione è essenziale per poterne giudicare la qualità, il valore economico e la sicurezza in navigazione. Con questo articolo ti proponiamo una panoramica su come sono costruite le barche di serie in vetroresina.
Lo faremo senza entrare troppo nei dettagli, cosa che potrebbe risultare noiosa e, in fondo, anche inutile per le esigenze del diportista. Lo scopo è quello di fornire una serie di informazioni di base che potranno essere utili per sfatare le molte idee errate che spesso, noi velisti, abbiamo circa la costruzione delle barche.
Per parlare di costruzione, il primo passo da affrontare è lo stratificato, ovvero tutte le parti in vetroresina: lo scafo, la tuga e i controstampi. Lo stratificato si chiama così perché è un insieme di strati di vari tessuti vetrosi, o di altro materiale, assemblati tra loro per mezzo di resine.
La resina utilizzata per lo stratificato
Quando parliamo di poliestere, vinilica o epossidica, ci riferiamo ai diversi tipi di resina in commercio. Venduta in barili da 100 o 200 chili, o consegnata con le autocisterne, la resina ha forma liquida o gelatinosa. Quando a questa viene aggiunto un catalizzatore, si innesca un processo chimico che la porterà alla solidificazione entro un tempo predeterminato che varia a seconda del tipo di resina, del catalizzatore e della temperatura dell’ambiente in cui si compie l’operazione.
La resina, al contrario di quanto molti pensano, non ha una funzione strutturale, ma funge da collante tra due tessuti. Quindi, l’idea che una barca sia fatta bene perché è stratificata con molta resina, è errata. Una barca stratificata con
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