Il divieto di caccia alla balena fu instaurato nel 1986 nell’ambito di accordi internazionali sottoscritti anche dal Giappone. L’accordo sulla salvaguardia dei cetacei prevedeva che questi potessero essere cacciati solo a scopi scientifici per poter fare esperimenti sugli organi e le carni del mammifero.
Il Giappone, insieme alla Norvegia, appellandosi alla ricerca scientifica, non ha mai smesso di cacciare per rifornire i suoi mercati di carne di balena e le industrie di cosmetici di estratti dal grasso di questa.
Il Giappone da solo, tra il 1986 e il 2013, ha sterminato 14.000 esemplari di diverse specie di balena nonostante le azioni contenitive degli Sea Shepherd, i pirati verdi, che per anni si sono opposti fisicamente alla caccia alle balene. Azioni tanto efficaci che negli ultimi anni la caccia alla balena era diventata antieconomica.
Il governo di Tokio ha dichiarato che si adeguerà alla sentenza riconoscendo "grande importanza all'ordinamento giuridico internazionale e allo Stato di diritto come fondamento della comunità internazionale".
Se il Giappone rinuncerà effettivamente alla caccia alla balena dovrà convertire la flotta baleniera per altri scopi. E’ molto probabile che la sentenza dell’Aja convinca anche la Norvegia a cessare l’attività, unica nazione, oltre al Giappone, che ancora porta avanti la caccia alla balena.
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