Nell' agosto del 1851 Londra era in fermento. Si erano da poco aperti i battenti della prima esposizione universale e la capitale inglese era la città verso cui tutti guardavano immaginando il futuro.
Per festeggiare l'evento, il Royal Yacht Squadron, attivo sin dal 1826, organizzò una regata nei pressi dell'isola di Wight; al vincitore sarebbe stata consegnata una coppa di argento massiccio, del valore di cento ghinee, creata nel 1848 da Robert Garrard, gioielliere personale della Regina Vittoria.
L'invito a partecipare, oltre a raggiungere i più facoltosi armatori britannici, giunse anche oltre oceano, al neonato New York Yacht Club, destinato a diventare ben presto uno dei più famosi circoli nautici del mondo.
Spinti dal desiderio di primeggiare, per dimostrare così la genialità dei propri ingegneri e le capacità costruttive dei cantieri americani, i soci fondatori decisero di dar vita ad un consorzio, a capo del quale venne nominato Jhon Cox Stevens, Commodoro del New York Yacht Club.
Sfruttando un budget di venticinquemila dollari, il consiglio affidò la realizzazione del progetto a George Steers, un architetto famoso per il disegno delle veloci navi piota, utilizzate per raggiungere e scortare all'interno dei porti, i pesanti e lenti velieri da trasporto.
Steers lavorò alacremente per consegnare al cantiere di William H. Brown nei tempi stabiliti i disegni di quella che sarebbe divenuta “America”, una goletta lunga poco meno di trenta metri al galleggiamento (quarantadue fuori tutto), pesante centosettanta tonnellate.
Il rivoluzionario schooner (goletta), ispirato dalla “Mary Taylor”, la miglior nave pilota di New York, faceva dell'innovazione il suo punto di forza: la prua a clipper, il fasciame in quercia su ordinate di cedro e rovere, le vele in cotone a ferzi verticali e gli alberi leggermente inclinati verso poppa erano soluzioni mai adottate in precedenza.
Il varo, avvenuto nel maggio del 1851, venne immediatamente seguito dalla traversata atlantica, che si concluse ai primi di luglio, quando il nero scafo di “America” si affacciò sul Canale della Manica.
Il 22 agosto, dopo aver passato un mese e mezzo a rivedere l'attrezzatura, sollecitata dalla lunga traversata, Jhon Cox Stevens e il suo equipaggio si presentarono sulla linea di partenza, posizionata tra l'Isola di Wight e la costa sud dell'Inghilterra, dove trovarono ad attenderli quattordici tra golette e cutter: il fior fiore della marineria britannica.
La regata, il cui percorso lungo poco più di cinquanta miglia prevedeva il periplo in senso orario dell'isola stessa, iniziò alle dodici, sotto l'attento sguardo della Regina Vittoria, comodamente seduta a bordo del panfilo reale.
Mentre alcuni yacht britannici furono costretti al ritiro a causa di rotture e cedimenti strutturali, la nebbia avvolse ben presto la flotta, nascondendola agli sguardi degli spettatori.
Dopo più di otto ore, l'Ufficiale di guardia scrutò l'orizzonte e si voltò verso la Regina annunciando di aver avvistato una sagoma avanzare nella foschia.
“Chi è il primo?” chiese il sovrano. “America” rispose l'attendente. “Ebbene, chi è secondo?” - “Sua Maestà, non v'è secondo!” fu la laconica risposta del militare, tanto grande era la distanza che divideva i primi yacht.
Quella frase, composta da appena cinque parole, rappresenta ancor oggi la migliore sintesi del significato dell'America's Cup e della sua singolare ricerca dell'eccellenza.
“America”, timonata da Richard Brown, tagliò il traguardo con un grande margine di vantaggio su “Aurora”, il cutter di Thomas Lee Marchant, l'ultimo ad arrendersi al velocissimo scafo proveniente da oltre l'oceano.
Fu una vittoria che andava ben oltre la competizione sportiva perché simboleggiava la sconfitta del vecchio continente da parte del nuovo mondo, e metteva in discussione il lustro e la forza della Marina britannica.
Il giorno seguente Jhon Cox Stevens, non appena ricevuta dalle mani della Regina la Coppa delle Cento Ghinee, in accordo con gli altri membri del sindacato, vendette “America” ad un uomo d'affari irlandese e fece ritorno a New York, acclamato come un eroe.
L'8 luglio del 1857, il Commodoro, tenendo fede al Deed of Gift (Atto di Donazione), consegnò la coppa al New York Yacht Club, dopo averla ribattezzata America's Cup e con l'accordo che il trofeo sarebbe diventato una "coppa challenge perpetua per competizioni amichevoli tra nazioni".
Il dado era tratto, ma per assistere alla seconda edizione si sarebbe dovuto attendere sino al 1870, quando furono gli inglesi a varcare l'oceano per tentare di riportare in patria quella che ancora chiamavano Coppa delle Cento Ghinee.
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