Mai era accaduto che un diciannovenne ne vincesse una, e a memoria difficilmente ricordiamo di un vantaggio simile sul resto della flotta. Un risultato che nessuno si aspettava, essendo Melwin un outsider, sia pur talentuoso.
Sulla classifica pesano inevitabilmente i fatti avvenuti al largo del Portogallo, quando è arrivato il fronte della perturbazione, gestiti in modo forse discutibile da parte della Direzione di Regata.
Pur non decidendo di sospendere ufficialmente la prima tappa della Mini Transat, la Direzione ha consigliato il riparo in porto, ma la flotta non è stata compatta nella decisione.
Fink, che in quel momento si trovava in 17ma posizione staccato di circa 20 miglia dal gruppo di testa, non si è fermato, seguito dall’austriaco Kargl. Non essendoci uno stop ufficiale della regata, le ripartenze di chi aveva riparato in porto sono state fatte in sostanziale autogestione dagli skipper, senza nessun controllo da parte della Direzione sui tempi in cui queste sono avvenute in base alla classifica maturata fino a quel momento.
Un mezzo pasticcio insomma, in termini strettamente sportivi e di gestione della regata, senza nulla togliere all’impresa del tedesco a cui va riconosciuta la capacità di avere resistito contro il fronte meteo e di avere avuto quanto meno fegato nel prendere questa decisione.
La Mini Transat oggi non è più un’avventura, ma una regata che necessita, per farla nelle parti alte della classifica, di una preparazione da professionisti. Una campagna dura almeno due anni se non di più, e i budget per provare a fare risultato in regata ormai sono superiori ai 300 mila euro e oltre.
Questo fatto richiederebbe forse una gestione ugualmente professionale da parte della Direzione della corsa, che in questa precisa circostanza avrebbe forse potuto sospendere ufficialmente la regata, e gestirne le ripartenze in base alla classifica emersa fino a quel momento, o limitarsi a diffondere il bollettino meteo senza alcuna raccomandazione che potesse dare adito a equivoci.
Da parte sua Fink ha raccontato come ha preso la decisione in quei frangenti: “Dopo aver ricevuto l'allarme meteo, ho sentito delle chiacchiere sul VHF, ma non ho capito che alcuni skipper parlavano di trovare un riparo per 36 ore. Ho pensato che era troppo presto per cercare un riparo a quel punto. Ho parlato con Christian Kargl. Abbiamo deciso di andare il più a sud possibile e poi avremmo potuto decidere se entrare in porto o no. Mentre procedevamo, ci siamo resi conto che, proprio come era stato detto nel briefing meteo, le condizioni a sud di Porto erano gestibili e che, di conseguenza, non era necessario fermarsi”.
Da notare come la “vecchia guardia” della vela francese e non, come Yvan Bourgnon e Vittorio Malingri e non solo loro, si sono schierati dalla parte del tedesco lodandone le capacità di marinaio e la tenacia.
Da quello che filtrava degli umori della flotta durante la sosta in Portogallo la percezione da parte dei suoi rivali è stata invece nettamente differente.
Da quello che si legge anche sui social, una parte della comunità velica internazionale considera l’azione di Fink al limite dell’antisportività, ma in fin dei conti il tedesco ha solo giocato secondo le regole che gli erano state concesse e nessuno gli vietava di tirare avanti fino al traguardo e andarsi a prendere una storica vittoria.
Univoca sembra invece essere la perplessità del pubblico sulle modalità di gestione della regata.
Nel frattempo il migliore degli italiani in classifica è tornato a essere Alberto Riva, 13mo, che dovrebbe essere sul traguardo di Santa Cruz tra 24 ore, con un distacco che rispetto a Fink sarebbe di circa due giorni.
Non è ancora arrivato l’austriaco Kargl, che chiuderà al secondo posto con circa 24 ore di distacco.
Ad oggi non è chiaro chi possa essere “l’anti Fink”, alla luce dei distacchi maturati, in vista della seconda tappa e quindi per la classifica generale, ma la sensazione è che in molti proveranno a metterlo alle corde.
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