Dario, a bordo di quella piccola barca che solitamente finite le regate viene messa sul carrello e riportata a terra, vuole correre una sfida lunga 3.250 miglia e non sulle onde del lago o del sottocosta, ma su quelle dell’oceano.
Una pazzia, pensano in molti, ma Dario non ne è affatto convinto. C’è chi ha fatto l’Atlantico su di un catamarano non abitabile, chi lo ha fatto con un 5 metri in fibra vulcanica, e allora perché non farlo in star.
La risposta pratica e razionale la conosciamo: perché la Star è una deriva che sta all’oceano come una moto da GP sta a una navicella spaziale, ma proprio per questo ci appassioniamo alle imprese di persone come Dario, perché sono impensabili, immaginabili e ci fanno pensare che non esistano limiti.
Dario, che ha 49 anni, è alto 1,90 metri e pesa 90 kg, per la sua impresa ha utilizzato uno Star abbandonato che gli è stato regalato e che lui ha ristrutturato e modificato. Parte della barca è stata chiusa ricavando uno spazio di 2 metri quadri per dormire. Negli scafi laterali sono state messe bottiglie d’acqua minerale vuote e sigillate per rendere la barca inaffondabile, a poppa ci sono i viveri liofilizzati e la zattera di salvataggio.
Dopo quattro giorni di navigazione Dario ha percorso 370 miglia e si trova all’altezza della Mauritania, scende a sud per incrociare l’aliseo, anche se quella è una rotta infestata dai pirati.
La Star di Dario dovrebbe apparire sul Marine Traffic, ma ha avuto un problema al sistema elettrico e al momento, da ieri, la sua posizione non appare.
Dario Noseda vorrebbe arrivare a destinazione il 9 dicembre.
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