Alle Eolie e alle Egadi il numero d’imbarcazioni presenti è calato drasticamente, sulla costa siciliana ci sono solo le barche locali. Probabilmente prima di costruire nuovi porti turistici con nuovi complessi residenziali annessi, sarebbe meglio risolvere i problemi che impediscono l’arrivo delle barche e il diffondersi del diportismo, perché lo sanno tutti, un porto senza barche è solo una speculazione edilizia, un modo facile per costruire case in riva al mare.
Se il sindaco di Catania vuole aiutare il diportismo, chieda sì minore burocrazia, ma non per fare i porti, ma per possedere una barca.
In Italia per andare per mare ancora serve il tesserino RTF, quello per il quale si chiedeva di giurare di non diffondere i segreti militari che si fossero potuti ascoltare dall’apparato V.H.F., ancora esiste una tassa di possesso che costa di più di quello che rende, il bollino blu, i registri del diporto che sono ancora cartacei.
Prima di pensare a nuovi porti si pensi a creare una relazione tra Stato e diportisti che non sia solo persecutoria. Qualche cenno in questa direzione si comincia a vedere, speriamo che a Roma pensino meno ai porti e si diano più da fare per creare i giusti presupposti per una diffusione della nautica che in termini economici significa più industrie e più posti di lavoro.
Fatto questo, una volta che gli italiani avranno ricominciato a tornare in barca, si potrà ricominciare a pensare ai porti turistici, possibilmente senza la parte immobiliare annessa che negli ultimi anni ha trasformato i marina privati in grandi speculazioni edilizie.
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