Negli scorsi giorni Alinghi ha presentato ai togati d’oltreoceano le proprie memorie, volte a scagionarsi definitivamente dalle accuse di Bmw Oracle. Il punto di forza della difesa è rappresentato dalla deposizione di John Rousmaniere, storico ed esperto di Coppa America, che ha fornito una propria interpretazione del Deed of Gift. Secondo Rousmaniere, i donatori della Coppa non hanno mai contemplato la necessità di costruire le vele nella nazione di appartenza tanto che quando vinsero con America, nella prima edizione, gareggiarono con vele costruite in Inghilterra. La clausola che tanto fa dibattere le parti, quella del “constructed in country”, sarebbe stata introdotta tuttavia successivamente, nel 1882, ma anche in questo caso, seguendo Rousmaniere, il fiduciario avrebbe limitato la dicitura allo scafo e non ad appendici e attrezzature, per preservare il carattere di internazionalità della Coppa America.
Inoltre, gli avvocati di Alinghi sono riusciti a ottenere un’ulteriore deposizione di Tom Whidden, in cui il presidente di North Sails dichiara in prima persona come il defender abbia assemblato i pannelli di tessuto 3DL (realizzati nello stabilimento in Nevada, negli Stati Uniti) e realizzato la finitura delle vele direttamente in Svizzera.
Ai giudici, adesso, il dovere di esprimere una sentenza a riguardo. Responso che potrebbe non arrivare prima della sfida d’esordio tra i due multiscafi, in programma per l’8 febbraio.
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