L'ultima mossa della popolazione, intenta ormai a raccogliere fondi e finanziamenti per trasferirsi altrove (del suo stato di emergenza avevamo parlato già in questo articolo), è stata quella di citare in giudizio le più importanti compagnie petrolifere come Exonn, Shell e Bp per “global warming” (surriscaldamento del pianeta). Un evento unico, secondo quanto dichiarato dal procuratore Matt Pawa, per la storia della giustizia statunitense: questo capo d'accusa, infatti, non aveva mai avuto come vittima, un soggetto distintamente identificabile.
La tesi sostenuta dagli abitanti di Kivalina è semplice: le emissioni di petrolio provocano il surriscaldamento del pianeta e il conseguente scioglimento dei ghiacci, mettendo quindi a serio repentaglio la vita nell'isola. “Negli ultimi anni ci troviamo di fronte ad ampi tratti di mare aperto fino a dicembre - racconta Janet Mitchell, amministratore di Kivalina - quando invece dovrebbe essere ghiacciato già a ottobre. In questo modo la nostra isola non è più protetta dalle tempeste e si sta verificando un'erosione sempre più accelerata della costa”.
Proprio questo sottile equilibrio naturale, che adesso è seriamente compromesso, ha permesso a Kivalina di avere una storia di oltre cento anni, con una popolazione che vive grazie alla pesca e che è stata in grado di costruirsi le principali infrastrutture, come una scuola e un ospedale.
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