
Chi nei giorni scorsi si fosse trovato a passeggiare sulle spiagge di Pesaro, nelle Marche, potrebbe aver notato degli strani oggetti neri di forma rettangolare, con delle piccole corna alle due estremità.
Si tratta dei cosiddetti “borsellini delle sirene”, conosciuti anche come “sacche del diavolo” ma a dispetto del nome non hanno nulla di incantatore o diabolico. Si tratta di uova di razza, contenute nel loro involucro e il cui nome esatto è ooteca (o ovoteca).
Generalmente le razze si riproducono in estate ma può capitare che il fenomeno avvenga anche in altri periodi dell’anno, magari stimolato in qualche modo dalle anomalie climatiche degli ultimi tempi.
Le sacche contengono un solo uovo fecondato e le piccole corna servono a permettergli di ancorarsi sulla sabbia o sulle alghe senza essere trascinate via dalla corrente. Quelle che vengono spiaggiate sono generalmente vuote ma può capitare, come probabilmente è successo a Pesaro, che una mareggiata le strappi dal fondo e le porti a riva.
L’embrione che si sviluppa all’interno della capsula si alimenta grazie al tuorlo contenuto in essa e prende ossigeno dall’acqua di mare attraverso delle piccole fessure presenti nelle corna. La gestazione può durare dai sei ai dodici mesi e, quando il tuorlo è stato assorbito interamente dall’embrione, un piccolo esemplare di razza fuoriesce iniziando così la sua vita nel mare.
Le specie di razza più comuni in Adriatico sono la razza stellata (Raja Asterias) e la razza ocellata (Raja Miraletus), distribuite a seconda della profondità in cui vivono e che può variare da pochi metri fino a cento.
La presenza dei borsellini delle sirene non è una cattiva notizia, ma va presa come un segnale positivo della vitalità del tratto di mare dove vengono ritrovati.
Nel caso se ne trovino sulla spiaggia è bene non toccarli. Non perché siano pericolosi per l’uomo, ma perché potrebbero contenere ancora un embrione e toccandoli o anche gettandoli in acqua potremmo danneggiarli. Non è detto che restando sulla sabbia e sotto al sole siano in una condizione di pericolo, limitiamoci quindi ad osservarli con curiosità senza disturbare il loro ciclo naturale di vita.
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