Are non si perde d’animo, taglie le sartie e si libera subito dei resti dell’albero che potrebbero rivelarsi molto pericolosi, quindi sfrutta il paterazzo intorno al quale si è incastrato il genoa come ancora galleggiante a poppa per cercare un minimo di stabilità.
Are non chiama i soccorsi, non aziona l’Epirb. Si limita a usare il satellitare per chiamare l’organizzazione della regata e informarli che la barca è in ordine, al di là dell’albero l’unico danno è un oblò sfondato. Adesso aspetterà che il mare si plachi e poi armerà un’armo di fortuna per raggiungere Citta del Capo, 400 miglia a nord est dalla posizione in cui si trova.
Are non è l’unico skipper che in questi giorni ha dovuto rinunciare al suo sogno di fare il giro del mondo senza scalo su di una barca armata come nel 1968.
Vittime di incidenti e della nostalgia, altri due skipper si sono ritirati. Il primo è Antoine Couso che si è ferito a una spalla e a un ginocchio e ha registrato problemi gravi al timone a vento.
Il secondo è Philippe Pechè che è stato colto a chiamare la compagna con il telefono satellitare. Nella Golden Globe Race il satellitare è utilizzabile solo per comunicare con la base della regata, per il resto tutte le apparecchiature moderne sono bandite inclusi GPS e impianti stereo. Le barche devono essere armate come lo erano nel 1968 al tempo della prima Golden Globe Race.
Philippe è stato richiamato una volta e in quell’occasione gli è stata inflitta una penalità di 18 ore, ma poi la nostalgia ha avuto la meglio sullo skipper che ha richiamato più volte la sua compagna obbligando l’organizzazione a squalificarlo dalla regata.
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