Oggi, a quasi due mesi da quanto accaduto e a due operazioni chirurgiche di distanza, Tomy racconta la sua storia. Una vicenda che dimostra come i limiti di un uomo possano andare molto oltre a quello che si può pensare.
Tomy ha 39 anni e quando si è iscritto alla Golden Globe Race aveva già al suo attivo 52.000 di mare e un giro del mondo. Navigazioni fatte per la Marina Militare indiana della quale è ufficiale.
Dopo circa tre mesi dalla partenza dalla Francia, quando l’uomo si trovava con il suo 32 piedi Thuriya in Oceano Indiano a sud dell’Australia, il navigatore incappa in una drammatica tempesta.
“Il vento soffiava a 80 nodi, non avevo mai visto una cosa del genere, le onde, ho stimato, essere circa 14 metri, era orribile. Ho provato a fare di tutto per riuscire a governare la barca, ma non c’è stato nulla da fare, qualsiasi vela mettessi veniva distrutta in pochi secondi. Alla fine mi sono dovuto mettere alla cappa secca con lo scafo al traverso del mare. Non avevo modo di fare nulla se non stare lì a prendere quelle enormi botte sulla barca.”
Thuriya, una replica del Suhaili, la barca con cui Sir Robin Knox-Johnston vinse il primo Golden Globe race nel 1968, non era barca con cui si poteva pensare di fuggire alla tempesta.
“Un’onda enorme ha sdraiato la barca e un'altra mi ha spinto lungo l’albero che era a pelo d’acqua, prima di cadere in mare sono riuscito ad attaccarmi alla testa dell’albero. Pochi minuti dopo, quando la barca si è rialzata, mi sono trovato in cima all’albero.”
Solo, su di una barca di poco più di nove metri, in un mare con onde alte come un palazzo di 4 piani, attaccato alla testa di un albero alto circa 12 metri che oscillava paurosamente sotto il movimento delle onde enormi, un incubo.
“Sono caduto quasi subito dalla cima dell’albero e, mentre precipitavo, il mio orologio si è impigliato a una cima e mi ha frenato. Ero appeso per una mano, sentivo che il polso si stava rompendo, ma poi si è rotto il cinturino dell’orologio e io sono caduto schiantandomi sul boma.”
“Sapevo che una burrasca forte sarebbe arrivata, il bollettino diceva venti a 50 nodi e onde di 10 metri, ma quello che avevo davanti agli occhi non aveva nulla a che vedere con un vento a 50 nodi. Il mare era gigantesco e non si vedeva un centimetro quadrato di acqua, tutto, il mare e l’aria erano un insieme di schiuma e di spuma bianca.”
Tomy aveva provato tutto, dalla tormentina all’ancora galleggiante, nulla riusciva a tenerlo con la prua al mascone e la barca stava scadendo velocemente sotto vento di traverso alle onde enormi.
“Il barometro continuava a precipitare il che significava che quello era solo l’anticipo di quello che sarebbe successo da lì a poco, mi trovavo al centro di un vero e proprio ciclone.”
Un’onda aveva spazzato via le pale dell’elica del generatore eolico. Tomy stava cercando di raggiungere il generatore per cercare di fissarlo meglio e salvarne quello che rimaneva, quando un’onda sdraiò nuovamente la barca e ruppe il boma. Sotto coperta, la macchina da cucina volò fuori dal suo alloggiamento e strappò il tubo del gas che fuoriusciva nell’abitacolo. Tomy, nonostante fosse esausto e tutto dolorante per le botte che aveva dato cadendo più volte, riesce a scendere sotto coperta e rimettere a posto la cucina e chiudere il gas.
“Sono riuscito a chiudere il gas, ho sentito odore di gasolio che veniva dal vano motore, ma non ho potuto fare nulla per vedere dove fosse la perdita.”
Lo skipper del Thuriya cerca di ridare un minimo di ordine alla cabina, soprattutto per rimettere al loro posto le attrezzature di sicurezza che erano volate in ogni dove, quando si rende conto che non può più muoversi, si era bloccato, era come se non avesse più la schiena.
“Ho cercato di mettere insieme le forze che mi rimanevano e rimettermi in piedi, ma non c’era nulla da fare, come cercavo di alzarmi ricadevo per terra. A un certo punto ero esausto e ho deciso di rimanere per terra per riposarmi un po’ e recuperare un po’ di forze. In quel momento un’onda più grande delle altre ha raggiunto la barca e l’ha girata di 360°. Sentivo intorno a me volare le cose, poi ho sentito l’albero venire giù. La situazione era fuori controllo.”
Quando la barca si è rimessa dritta Tomy ha strisciato per terra sino ad arrivare a prendere la sacca con gli strumenti di emergenza e quindi è riuscito a tirarsi sulla cuccetta da dove ha inviato un messaggio agli organizzatori della Golden Globe Race chiedendo aiuto.
“Sono rimasto immobile per tutta la notte mentre la barca si scuoteva e vibrava e si inclinava paurosamente e lo spezzone dell’albero che penzolava fuori bordo trattenuto dalle sartie, batteva contro lo scafo e io pensavo – ora lo buca, ora lo buca e affonderò.”
Ma il giorno dopo la barca era ancora a galla e continuava a combattere contro la burrasca che non accennava a diminuire.
“Tra gli strumenti di emergenza non vedevo l’Epirb. Avevo bisogno dell’Epirb, se volevo avere una chance di sopravvivenza, dovevo attivarlo, così, con enorme fatica mi sono portato sul bordo della cuccetta e mi sono girato per farmi cadere sul pavimento da dove ho iniziato a strisciare sino a raggiungerlo e a riuscire ad attivarlo.”
Tomy attivato l’Epirb riesce a tornare nella cuccetta dove ci rimane per altri due giorni e due notti senza poter né bere né mangiare, mentre fuori centinaia di uomini stavano affrontando una corsa contro il tempo per raggiungerlo a 1900 miglia dall’Australia prima che la burrasca sfondasse la sua barca. Una nave da guerra francese traversa metà dell’oceano Indiano per raggiungerlo, così come il peschereccio che all’alba del 4° lo riesce a raggiungere e a trarre in salvo.
Anche la Marina Militare Indiana aveva fatto partire una fregata attrezzata con pronto soccorso e sala chirurgica dall’India che, arrivata poche ore dopo il peschereccio, prende a bordo Tomy riportandolo in patria.
Oggi Tomy, dopo aver subito due operazioni, sembra stare bene, riesce a mettersi in piedi e a camminare un poco, i medici dicono che si rimetterà completamente.
Tomy ha già cominciato a pianificare la sua prossima navigazione.
© Riproduzione riservata