La prima e ancora la più importante è la nave del Moas, Migrant Offshore Aid Station, un’associazione di ricerca e salvataggio in mare creata da due italo maltesi, moglie e marito proprietari di una grande società multinazionale che hanno messo a disposizione dell’operazione 4 milioni di euro, acquistando una nave, droni, mezzi di salvataggio, attrezzatura medica per il primo soccorso e organizzando il tutto in una struttura navigante con 20 persone di equipaggio che l’anno scorso, primo anno di attività, ha salvato 3.000 persone e quest’anno il doppio.
Sull’esempio del Moas sono nate altre organizzazioni e si sono armate altre navi. L’ultima di queste è un vecchio peschereccio per gamberi del 1917, acquistato e armato grazie a un commerciante di Berlino, il quale non ce la faceva a rimanere a guardare mentre migliaia di persone perdevano la vita nel Mediterraneo.
Harald Höppner, questo il suo nome, ha raccolto 75.000 euro di fondi con i quali ha acquistato la nave, l’ha riparata grazie all’aiuto di amici artigiani che hanno collaborato con lui all’impresa e l’ha portata in Tunisia. Quando è arrivato quest’anno la stagione degli sbarchi in massa era sul finire eppure gli 8 volontari che costituiscono l’equipaggio della nave di Höppner hanno salvato 2.000 persone.
A volte i privati impegnati in queste operazioni si sentono soli, messi da parte dalle forze militari. “Eppure – dice Höppner – ogni anno i privati salvano migliaia di persone”, le navi private sono abbastanza sinergiche le une con le altre, quanto meno si sentono spesso per radio, ma non è lo stesso con i militari.
“Il fatto che il nostro equipaggio abbia affrontato anche sei giorni di operazione di salvataggi continui, dimostra che ci siamo, – prosegue Harald Höppner, - ma dimostra anche che l’Unione Europea non sembra prendere molto sul serio la propria responsabilità dei soccorsi in mare.”
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